Quell’estate del 2022 fu talmente calda, che persino il guanciale dell’amatriciana, piatto preferito da Marcellino e la sua famiglia, sembrava sudare. Se ne stava lì, appeso sopra l’isola in cucina, e ogni tanto una goccia di grasso cadeva nel punto esatto della precedente, con un “plok” che distraeva la moglie Assuntina dalle sue mansioni.

“La polenta è in tavola, veniteeee”

“Ma come mammà, fuori ci sono 41 gradi, dentro saranno almeno trentatré, e tu fai la polenta?…” osservò Riccardino, il più grande. “Io non la voglio, vado a mangiare dalla zia Concetta” disse Maruzzella, e detto fatto andò a suonare al piano di sotto, dov’era la famiglia della sorella di Marcellino.

“Tu questa bambina la stai viziando, chissà cosa ne uscirà fuori”, intervenne Marcellino, il quale poi sporgendosi dall’uscio di casa si scusò: “Perdonaci, Concettina, sta bambina non sappiamo come tenerla, è troppo vivace”…

Poi, mentre tentava di ingoiare una cucchiaiata di polenta bollente, “effettivamente potevi preparare qualcosa di più fresco, Tina, non ti pare?…”

Nessuna risposta, solo “ringrazia iddio che c’è qualcosa in tavola, e se hai sete ti ho preparato il vin cotto”….

Per la verità, non era tanto per la polenta, ma era proprio il caldo africano, che opprimeva Roma da almeno due mesi, ad invitare le persone a saltare i pasti.

“Ci vorrebbe una vacanza in un posto fresco, economico, non troppo lontano da Roma, che ci facesse passare un bel week-end, ecco cosa ci vorrebbe”.

Riccardo colse al volo lo sfogo del padre, e si mise immediatamente alla ricerca su internet.

“Che ne dite di Fregene”??…

“No. Niente mare: troppo caos, e poi in spiaggia fa caldo, e una camera costa cara….”

“E se andassimo da mamma a Montecompatri?…sono tre anni che ci invita, e tu non ci vuoi andare mai…”

“Fossi matto…quella tua madre ci scambia sempre per degli affamati, comincia dal giorno prima a preparare le fettuccine, e poi il timballo, e poi il polpettone, e poi il pollo ripieno…. Non ti ricordi l’ultima volta, mi sono fatto tre giorni d’ospedale, con tanto di lavanda gastrica e tutto il resto?…”

“Be’, cos’hai da dire sulla cucina di mia madre?… tutta roba fatta in casa con prodotti genuini, non come la tua, che quando ci ospita ci riempie di schifezze precotte e scatolette…”

“A me gli spaghetti allo scoglio di nonna Caterina piacciono”, intervenne Riccardino.

“Come no….nonna Caterina ha una velocità di occultamento di scatole e buste delle confezioni, che manco spider man…”

“Aspetta…e di Fiuggi che mi dite?… un’ora di distanza da Roma, fresco garantito, servizi….”

“ Certo… e duecento euro a camera, se ci va bene…ma lo sai che Fiuggi è un posto per ricchi, o no?”… disse Marcellino.

“Ma è un bel posto, si possono fare tanti sport, possiamo portare le nostre bici…”

“Sì dài papà, che bello, andiamo a Fiuggi?…” chiese Maria, con occhi imploranti.

“Se me lo chiedi così, non posso che accettare”, disse Marcellino. Un ‘Evviva’ collettivo seguì l’approvazione, ma….”a una condizione: che troviate un hotel molto, molto, moooolto economico…”

Riccardo con due clic eseguì all’istante. “Trovatoooo!! Cinquanta euro a camera con bagno, piscina, palestra, sauna, discoteca, ristorante, bar, aria condizionata, grande parcheggio….e chi più ne ha, più ne metta!!!”

“Fantastico”, disse Marcellino “e come si chiama l’hotel?…

“Hotel Quattropalle, a Fiuggi Fonte. Che faccio, prenoto?…

“Andata: due doppie, prendi la mia carta e pagale subito, così non ci pensiamo più”.

“Grazie papà” dissero i due ragazzi in coro.

Riccardino prenotò per il weekend entrante, d’altronde era fine luglio, trovare delle camere libere era difficile, eppure il ragazzino riuscì nell’impresa…..

Venerdì 22 luglio 2022, ore 20,30 

“Ok, è tutto pronto?… Assuntina, non fatemi fare il Verdone della situazione, ditemi che avete caricato i bagagli e partiamo, su….”

“Sì tutto a posto, anche le bici, andiamo?…”

“Aspetta ma’, il telefonino” disse Ruzza, correndo verso casa.

“Altro?… Vi siete sfogati?…Forza che sta Multipla sta esalando l’ultimo respiro, speriamo che non ci lasci per strada…”

Per quello che successe dopo, restare a piedi sarebbe stata una benedizione del Padreterno per questa famigliola di poveri ingenui. Ma si sa, il caldo, l’estate, la voglia di uscire e di vacanza, la gioventù…

La Multipla resse quel breve viaggio, e finalmente furono a Fiuggi, verso le dieci di sera.

Faceva ancora caldo, lungo la strada i ragazzi bevvero tutti e due i litri d’acqua di scorta, ma quando finalmente arrivarono nei pressi dell’hotel, uno strano buio avvolse l’auto.

“Ma hai acceso i fari, Marcellì?…” chiese Assunta.

“Veramente ho gli abbaglianti fissi, ma ci vedo meno di prima…ma che è sto vento freddo?… alzate il vetro, ragazzi”…

Una folata di vento gelido colpì inspiegabilmente la Multipla, trascinando con sé delle foglie secche, altra stranezza, il 22 luglio…. Alla fine, il parcheggio dell’hotel ospitò l’auto. Prese le valige, piano piano la famiglia in vacanza si avviò verso l’ingresso. Ma nel percorrere il vialetto, stranamente deserto e buio, tanti furono i punti interrogativi che popolarono la testa di Marcellino. Come mai quel buio?… come mai quel vento gelido?… e in quale posto a luglio cadono le foglie secche dagli alberi?…

Ma sì, certamente era un eccesso di preoccupazione, inutile complicarsi la vita, godiamoci questo weekend e così sia….

Ma le cose peggiorarono subito. Arrivarono davanti al portone d’ingresso, che era in cima ad una scalinata di trenta scalini di marmo, al termine della quale erano tutti esausti. Il portone di vetro era buio come tutto il resto, sembrava disabitato. Riccardino provò a guardare dentro, ma non si vedeva nulla. “Ma siamo sicuri che ci sia qualcuno?…” disse. “Ci deve essere per forza qualcuno, altrimenti non sarebbe stato prenotabile”, rispose il padre, il quale provò a suonare un campanello polveroso e pieno di ragnatele, che naturalmente era rotto.

“E bussa, no?….” Disse Assuntina “dai che mi fanno male i piedi, ho la salivazione azzerata come fantozzi, non ce la faccio più…”

Marcellino bussò. E bussò, e bussò ancora per dieci lunghi minuti. Niente.

Ma dopo mezz’ora di quell’attesa estenuante, quando ormai i quattro si erano buttati a terra per la disperazione, una lucina venne dal vialetto verso di loro. E dietro quella lucina, che veniva da una vecchissima lanterna ad olio, una figura cominciò a distinguersi: era quella di un’anziana signora, probabilmente piacente ai suoi tempi, ma ora orrendamente attaccata ai suoi ricordi, coperta da una mantellina tessuta all’uncinetto da lei stessa nelle lunghe notti invernali, che dopo aver salito la scalinata con passo abbastanza lesto, disse:

“Buonasera signori, avete prenotato?”…

“Sì, veramente abbiamo anche già pagato…” disse Marcellino.

“Scusateci, abbiamo avuto un black out dalle otto di stasera, stiamo con le candele…” e intanto, presa una chiavina dalla tasca, apri il portone a vetri. “Prego, signori. Ma che bella bambina, come ti chiami cara?…”

Maruzzella ebbe una reazione spontanea di difesa, e si appiccicò alla madre. “Ruzza si chiama, ed è esausta” disse Tina.

“Ruzza, che bel nome….io invece mi chiamo Frisella, mandami un bacio Ruzza, su…” e per invogliare la bambina a mandarle un bacio, glielo mandò prima lei. Ma la bambina terribile non ne voleva sapere, anzi dopo aver fatto una sonora pernacchia alla signora Frisella, le diede un calcio su uno stinco.

“Maria, come ti permetti?… Chiedi scusa alla signora” disse Marcellino.

Dopo aver trattenuto un’imprecazione, la signora disse: “No no, la lasci, povera bambina è stanca… ecco, sedetevi sui nostri comodi divani, io vado a chiamare il portiere…” e mentre girava l’angolo dietro il bancone della portineria, azionò abilmente un interruttore che aveva staccato apposta ore prima. “Ehi è tornata la luce, evviva!… siete contenti?…”

E detto questo, sparì dalla hall per recarsi in cucina, dove l’anziano portiere stava mangiando. “Totò cosa stai facendo, sempre a ingozzarti con gli avanzi del saint honorè… alzati miserabile, e ricordati che se puoi mangiare lo devi solo a me!… vai ad accogliere i clienti, sbrigati! O li devo registrare io?…Ah quant’era meglio l’altro…”

Totò era un vecchio molto male in arnese, senza più denti né soldi per la dentiera, con una gamba di legno, quella buona l’aveva persa a causa delle fratture multiple procurate da una caduta sulla scalinata d’ingresso, mentre portava valige pesantissime a un cliente facoltoso. Le fratture furono curate male, la gamba andò in cancrena, e lui si salvò per miracolo. Perse la gamba, ma non l’impiego nell’hotel della signora Frisella, di cui era segretamente innamorato da trent’anni. Poi perse anche tutti i denti, poteva mangiare solo torte alla panna, era capace di ingurgitarne anche due o tre a sera.

“Vado fubito”, rispose spruzzando panna dappertutto, e in un lampo si alzò da tavola. Poi però ci mise un bel po’ per arrivare  al bancone, zoppicando e a volte trascinando la gamba di legno, che quando veniva strisciata sul pavimento di marmo strideva come il gesso su una lavagna.

“Oh mamma, non sopporto questo ‘scriiii’, mi fa accapponare la pelle” disse Riccardino, tappandosi le orecchie.

“Bene fignori, le vostre camere fono le 122 e 123, ecco le chiavi. Buona notte”.

“Finalmente!!…” esclamò Marcellino, e raggiunse l’ascensore insieme a moglie e figli.

“Purtroppo l’ascensore non funziona signori, ci scusiamo. Totò, porta immediatamente le valige ai signori!…O gliele devo portare io?…”

“No, no, ce le portiamo da soli” disse Riccardino, che non sopportava lo stridio della gamba di legno sul pavimento.

Maruzzella però, interruppe il fratello dicendogli: “digli della discoteca…”

Riccardo guardò la sorella con fare commiserevole, aveva già capito tutto. Ma in fondo erano lì anche per quello, per cui chiese:

“Scusi signora, ma la discoteca quando apre?…”

Frisella fulminò il giovane con lo sguardo, fece un respirone per prendere tempo, poi: “Purtroppo il Covid ci ha impedito di aprire per due anni, ora stiamo riordinando un po’ l’ambiente, ci vorrà ancora qualche settimana prima della riapertura…”

“Ok grazie. Andiamo Ruzza, su…”

Una volta saliti, Frisella ricordò sottovoce a Totò la cosa più importante: “ho acceso l’aria condizionata alle 122 e 123. Mi raccomando, tra un’ora staccala, sennò la bolletta della luce la paghi tu!…”

Infatti, la gestione dell’hotel consisteva solo nel risparmiare. Risparmiare qualsiasi cosa, dalla corrente elettrica alla carta igienica.

Ma la nottata più tremenda della vita della famigliola in vacanza, non era nemmeno iniziata.

“Ragazzi, non so voi, ma io casco dal sonno. Mi raccomando, fate piano e non fate rumore, ci sono anche gli altri ospiti che vogliono dormire”.

“Quali ospiti?… io non ho incontrato nessuno” disse Riccardino

“Ma se non c’era nemmeno una chiave attaccata, in portineria…. Staranno dormendo tutti, fate piano. Buonanotte”

“Buonanotte papà” disse Ruzza, e lo salutò col solito bacetto sulla guancia.  Ma le sue labbra non erano umide come al solito, strano, pensò il padre.

Tutto sembrava andare bene. “Domani voglio farmi venti chilometri in bici”, disse Marcellino, mentre spegneva la luce. “Io no, ti aspetterò prendendo il sole in piscina”, bisbigliò la moglie, addormentandosi al fruscìo dell’aria condizionata.

L’uomo ha inventato i soldi, e a ogni cosa ha dato un prezzo. Ora, ci sono prezzi troppo alti, vero, ma spesso se qualcosa costa poco, c’è un motivo. E in questo caso, il motivo del basso costo di quella vacanza, la nostra cara famigliola lo scoprì in men che non si dicesse.

Dopo pochi minuti dal primo appisolamento, infatti, il gruppo di trenta coreani che era uscito per una passeggiata in città tornò pieno di birre, pizze, bottiglie di vino acquistate a prezzi infimi in un grande magazzino di terza categoria, tutti contenti e pronti per fare baldoria.

Entrando nell’hotel, non guardarono nemmeno il vecchio Totò: le chiavi delle camere le avevano in tasca, per di più non parlavano una parola di inglese, come pure l’anziano portiere. Salirono a piedi parlando ad alta voce tra loro, e quando arrivarono alle loro camere al primo piano, come sempre iniziarono la loro personale lotta con la serratura. Dovete sapere che i coreani non hanno nessuna manualità, per esempio non riescono ad aprire una bottiglia di vino chiusa da un tappo di sughero, e sono costretti ad offrire una mancia a chiunque sia disposto ad offrire loro questo servizio; o anche, davanti ad una serratura un po’ difettosa si dichiarano vinti ancor prima di provare a infilare la chiave. E allora, l’unica cosa che viene loro in mente di fare è forzare tutto, spingere, provare con dei calci, insomma in qualche modo si aprirà sta porta, o no, maledizione?…E mentre provano ad entrare con pugni e calci alle porte, svegliano tutto l’hotel.

“Oddio, cos’è?…” chiese Assuntina, svegliandosi di soprassalto.

Subito una bussata violenta alla porta, svegliò anche Marcellino: era Ruzza, che urlava a squarciagola per svegliare i genitori: “Mamma, papà, uscite subito, c’è il terremotooo!!!…”

E mentre bussava, una bottiglia di presunto vino rosso, comprata a 0,99€ non si sa dove, rotolando lungo il pavimento la raggiunse, urtandole un piedino. Subito un ragazzo coreano corse a recuperare quel prezioso nettare italiota, e si profuse in dieci o dodici inchini di scuse nei confronti della ragazzina, che lo guardava mezza inebetita…

“Ora chiamo il portiere di notte, vediamo cosa mi dice”, disse Marcellino.

Ma il portiere, approfittando del fatto che la sua carcerie…ehm, la sua datrice di lavoro era andata a dormire, e non erano previsti altri arrivi, si era ficcato in cucina, e stava facendo l’amore con il mezzo saint-honoré avanzato due giorni prima. Il telefono squillò per un buon minuto, prima che Totò lo sentisse e si avviasse a rispondere. E finalmente: “Buonasera, senta sono le due, si può dormire in questo hotel o no?” Chiese Marcellino con tono perentorio.

“Fi fi, certo, fono i coreani, ora mi precipito”… Con l’ascensore rotto, il “precipizio” di Totò fu molto, molto lento, però poi alla fine riuscì a raggiungere il primo piano, con la gamba di legno che strideva sul pavimento. Appena sentirono quello stridio, i coreani, i quali evidentemente erano abituati alle “visite” del portiere di notte, si calmarono subito, le porte si chiusero tutte e il silenzio tornò, rotto solo dallo scricchiolio della gamba di legno di Totò, che piano piano tornava a piano terra.

“Ah non lo posso sopportare sto scriii, guarda, erano meglio quei casinisti coreani..” disse Riccardo, tappandosi le orecchie. Poi, finalmente, tutto sembrò tornare alla calma e al silenzio, e la famigliola in vacanza si addormentò nuovamente.

Chi me l’ha fatto fare. Spesso, davanti ai nostri fallimenti o alle nostre disgrazie, anche quelle piccole, la domanda è sempre la stessa. Chi me l’ha fatto fare…. Forse può servire ad apprezzare di più quello che si ha tutti i giorni, ma certo è un bel prezzo da pagare…

Fatto sta che alle tre di notte, quella notte, una porta vicina alla 122-3 si socchiuse, e restò socchiusa per un paio di minuti. Era il cugino matto di Frisella, Gontrano: nullafacente, alloggiato nella camera 110, che per pietà parentale  Frisella gli aveva concesso a vita, naturalmente in cambio della sua intera pensione di invalidità mentale; con la condizione di pranzare solo la notte, per non disturbare i clienti con il suo comportamento “fuori quadro”…

Era un uomo sui 50 anni, magro e allampanato, con folti capelli rossi a spazzola, sguardo fisso nel vuoto, appassionato di tennis, o meglio, ossessionato…Infatti era sempre vestito in maglietta e calzoncini, scarpe Stan Smith, con una Wilson sempre sottobraccio e una larga fascia di spugna asciuga-sudore che gli cingeva la fronte. Scese le scale fino alla hall, il povero Totò lo conosceva bene e lo sopportava ormai da dieci anni, da quando cioè la clinica che lo aveva in cura lo cacciò a causa dei troppi vetri che lui rompeva giocando a tennis nei corridoi della clinica.

“Oggi ho vinto contro Panatta, 6-4 7-5, ormai non c’è più nemmeno gusto a giocarci contro…. Ora mi devo tenere leggero, perché mi aspetta Borg per un allenamento. Totò, cosa c’è di buono in cucina?…”

“Ci sono le polpette al sugo, patate al forno e spinaci”

“Bene. Torno subito”. E naturalmente, cominciò a giocare a tennis con una polpetta, tentando di centrare il lampadario nella hall… Purtroppo oltre ad essere matto, Gontrano aveva anche una pessima mira, e malgrado avesse tirato una decina di polpette al sugo, non era riuscito a centrare il lampadario. In compenso, aveva colpito tutte le pareti della hall, che ora Totò avrebbe dovuto smacchiare…

“Bene Totò, cena ottima e nutriente. Ti saluto, non posso far aspettare Borg…”

“Certo, buonanotte…”

Il povero Totò cominciò a pulire le pareti sporche di sugo, e ci mise due ore a ridare alla hall un aspetto decente….

Poi finalmente, cominciò ad albeggiare. Ma per Totò, il turno di lavoro non era finito, anzi…

Alle 6,30 si presenta Frisella: “Totò, oggi devi aiutarmi a sistemare il bordo piscina, perché a mezzogiorno facciamo una festicciola con una cantante, un po’ di buffet, ecc.”

“Anche con dolci?…” chiese il portiere.

“No, non ci sono saint-honoré, non ci sperare. E adesso dai una mano in sala per le colazioni, che Mario è anziano e ha bisogno di una mano”…

Mario era un altro servo  “affezionato” da tanto tempo, aveva ormai più di ottant’anni, con un Parkinson non troppo grave, ma che lo faceva tremare leggermente, quando si ricordava di prendere le sue medicine. Quando invece se ne scordava, allora erano dolori per i clienti, perché il tremore era talmente forte che spesso i piatti che portava partivano in tutte le direzioni, finendo un po’ dove capitavano.

Per evitare incidenti con la clientela, Frisella aveva rimediato affiancandogli Totò, che non solo preparava le colazioni, ma apparecchiava i tavoli, e spesso, se Mario “non era in giornata”, diciamo così, serviva anche in sala.

“Forza belli, sono le otto, si va a fare colazione!”, disse Marcellino, aprendo la porta della 123 e buttando giù dal letto i figli.

“Mamma, riprenditi papà e lasciaci dormire”, disse Maruzzella mettendo la testa sotto il cuscino. Poi però anche lei si decise a scendere. Terminata la colazione, Assuntina non salì nemmeno in camera: “io vado subito in piscina, fa già troppo caldo per qualsiasi altra cosa”, e detto fatto, prese un telo da bagno, lo posò su una sdraio e poi si tuffò  in acqua….

Gli altri invece non la seguirono, presero le bici e uscirono per una pedalata nel verde. Nel frattempo, Frisella entrò di corsa in sala, urlando: “dov’è Totò?…”

“È in cucina, signora…” rispose Mario mentre sparecchiava.

La signora si precipitò in cucina passando dalla porta a ventola, trovando come al solito, Totò intento ad ingozzarsi di cornetti alla crema, avendone già ingurgitati dodici.

“Ora basta, intanto la giornata non te la pago, così impari ad ingozzarti. E poi vieni che mi devi aiutare a bordo piscina”, e così dicendo lo prese per l’avambraccio sinistro e lo trascinò via.

A bordo piscina c’erano dei tavoli da posizionare per creare un buffet, e poi le sdraio da riordinare. Naturalmente il povero Totò dovette spostare tutti i tavoli da solo senza altro aiuto che le urla minacciose di Frisella, la quale non perdeva occasione per promettere a Totò futuri tagli di stipendio e di viveri, se non avesse fatto per bene quel lavoro.

Intanto, Assuntina da dentro la piscina si godeva divertita tutta quella scenetta, felice di non essersi fatta convincere dalla famiglia a prendere la bici anche lei…

“Ok Totò, ora prendi quell’ombrellone e portalo tra i due tavoli del buffet…no, non quello vicino, sfaticato, ma quello laggiù a bordo vasca…”

Totò era stanco morto, dopo dodici ore notturne in cui aveva anche dovuto ripulire tutta la hall dalle polpette al sugo tirate da Gontrano, e dopo aver preparato tutte le colazioni, ora anche la piscina….faceva quello che poteva, i tavoli pesavano, molti ombrelloni erano incastrati e doveva far forza per sfilarli dalle loro sedi, e mentre trascinava un tavolo, si appoggiava alla gamba di legno per puntellarsi in qualche modo. Ma quell’ultimo ombrellone da sfilare era molto ben piantato, non veniva via. “Per favore Frisella, da solo non ce la faccio, dammi una mano tu…”

“Sei il solito buono a nulla, cosa ci vuole a sfilare un ombrellone?…ecco…”

E prese con due mani il manico tirandolo via di colpo. Ma inevitabilmente, questa mossa brusca fece perdere l’equilibrio a Totò, che inciampando nel bordo piscina, finì per caderci dentro, alzando una colonna d’acqua di almeno una decina di litri, che dopo essersi sollevata, finì rovinosamente addosso a Frisella, infradicendole tutti i vestiti. E Frisella, con tutta la messa in piega costosissima, “lavata” dal tuffo di Totò,  sputando un getto d’acqua piena di cloro, disse:

“Assassino!!! Non solo ti licenzio in tronco, ma ti faccio anche terra bruciata, non troverai lavoro nemmeno all’esterooo!”

“Aaaah, cos’è questo?…” urlò nel frattempo Assunta, la quale, ancora a mollo, si era vista arrivare un tronco d’albero sulla schiena. Non era un tronco d’albero. Era la gamba di legno di Totò, che durante il tuffo rovinoso si era staccata dal fissaggio, e se ne andava a spasso per la piscina….

Ma Frisella non si scoraggiava mai. “Non è niente signora, non si preoccupi, nuoti, nuoti, vedo che è molto brava….”

“Dio che schifooo!!… questa è una gamba di legno!…”

“Porta fortuna e prosperità signora, continui a nuotare…”

Intanto il povero Totò, che non aveva mai avuto una gran familiarità con l’acqua, arrancava tentando di restare a galla, ma non riusciva nemmeno a chiedere aiuto. Alla fine,  fu un passante corpulento, attenzionato da Frisella, ad eseguire quel penoso salvataggio, prendendo la collottola di Totò con un rampino come fosse un tonno, e issandolo sulla massicciata, più morto che vivo…

Intanto, Marcellino e i bambini tornarono dalla allegra passeggiata in bici. L’uomo incrociò lo sguardo terrorizzato di Assuntina, e cambiò subito espressione: “che è successo?…” chiese.

“Mi hanno tirato una gamba!…” rispose la moglie. Intanto, il povero Totò era ancora disteso a terra, con Frisella che gli agitava le braccia per tentare di farlo respirare.

“Lasci fare a me, sono un medico” disse Marcellino. Non era vero, era solo un infermiere, ma in fondo nemmeno quello era un hotel, quindi…. Alla fine, con le procedure standard del primo soccorso, Totò si riprese, Marcellino gli riattaccò la gamba e finalmente tutta la famigliola potè ritirarsi in camera per una doccia e prepararsi al gran buffet di mezzogiorno.

Intanto, Mario si occupava della preparazione, mentre le tartine, le crêpes e tutto il resto venivano preparate in cucina dalla “cuoca” Beppa, una vecchia trucida corpulenta e semianalfabeta, che si occupava di tutto, dalle pastasciutte scotte da rifilare ai coreani, al rifacimento delle camere, allo smaltimento dell’immondizia. Però, aveva il pregio di costare poco, che poi era l’unica cosa che interessasse a Frisella. Certo, a volte smaltiva il suo pessimo umore azzannando i polpacci del povero Mario, ma in fondo ormai c’erano tutti abituati, per cui….

Ora, per il buffet Frisella aveva previsto un primo con penne all’arrabbiata e/o carbonara, un secondo con le polpette avanzate dal giorno prima, rimaste dopo che il cugino Gontrano ne aveva fatto strage la notte precedente, purè di patate, orata nemmeno a dirlo, surgelata, macedonia, e senza farlo sapere a Totò che per fortuna era andato a casa sua a dormire, charlotte a go-go, tanto il pasticciere era un parente, quindi poteva permettersi di abbondare.

Ma la ciliegina sulla Charlotte, non tardò ad arrivare. Era un’amica d’infanzia di Frisella, più anziana di circa dieci anni, cantante professionista, ai suoi tempi, che poi erano quelli del duce. Le sue canzoni erano quelle del ventennio, ormai si esibiva solo lì sotto ferragosto, perché anche i raduni di vecchi nostalgici, tutti deceduti, non esistevano più da anni. Solo lei, Lucilla Scognamiglio, in arte La Sciantosa dó Vesuvie, continuava imperterrita col suo repertorio, da “Giovinezza” a “Faccetta Nera”, a “Fischia il Sasso” e tutto il resto.

L’ultima volta che aveva provato a cantarle in pubblico, in un posto che non fosse stato quell’hotel, fu arrestata e tenuta in galera tre giorni, mentre fuori un nugolo di persone inferocite la volevano linciare.

La Sciantosa era molto professionale, nella sua follia: aveva un pianista di 101 anni (suo convivente), un basso di 89, e alla tromba una giovane promessa di 95 anni, che quando suonava non mancava mai di far partire la dentiera in tutte le direzioni.

“Frisella, che piacere, era un anno che non ti vedevo!…”

“Lucilla, come stai, sei ringiovanita!…”

“Eh, chill’è l’ammore, io faccio molto all’ammore, per quello sono sempre giovane. Guarda qua!”

E senza por tempo in mezzo, si tirò su la gonna scoprendo due gambe secche e flaccide, con la pelle che ballava un po’ dappertutto. Non contenta, provò anche a sollevarne una per mostrarla meglio a Frisella, ma perse l’equilibrio e cadde all’indietro, finendo per fortuna tra le forti braccia del “compagno” di 101 anni, Gennarino, il quale a malapena riuscì a restare in piedi.

“Allora, se vi volete preparare, tra un’ora iniziamo…” disse Frisella.

“Pronti!!…” disse Lucilla, Lillà per gli amici.

Ormai era tempo. Tutti gli ospiti erano lungo il bordo della piscina, i giovani musicanti erano lì che accordavano gli strumenti, “sa, sa prova” già lo avevano detto, via con “Sentimental” di Vanda Osiris…

“Sentimentaaal, come un sogno svanitoooo”, cantava Lillà, e i suoi boys la accompagnavano, soprattutto la tromba era uno spettacolo, e il pubblico piano piano si avvicinava, e sembrava gradire.

“Ciriniribin, che bel faccin…” anche quella era una canzone che molti tra i più anziani  apprezzavano, forse il ricordo di una giovinezza perduta, come anche “quando passa Nuvolari”, o “quando canta Rabagliati”…. Piano piano, tutto il bordo piscina si riempì, la gente veniva anche dagli hotel vicini, anche per scroccare le tartine che Frisella aveva fatto preparare. Poi, a un certo punto, a un segnale di Frisella, Beppa e Mario introdussero la ventina di Charlottes tutta panna, che la pasticceria del paese aveva regalato all’hotel in cambio di pubblicità. Proprio per questo impegno che aveva preso con la pasticceria, Frisella fece arrestare un attimo la musica, salì sul palco, prese il microfono della Sciantosa (a dire la verità, glielo strappò di mano…) e disse: “e ora, una bella fetta di torta per tutti gentilmente offerta dalla pasticceria “Abbuffàti e contenti”!!! Buona festa!…”

E lì fu il momento del grave errore. Perché per Lucilla l’apice della festa coincideva sempre con delle canzoni inequivocabili. E allora, iniziò con: “Giovinezza, giovinezzaaa, primavera di bellezzaaa”…. Il pubblico, ormai molto numeroso, ebbe quasi un sussulto. Molti cambiarono espressione, come se non capissero bene cosa accadesse. I camerieri continuavano a servire fette di torta, ma ormai molti non si interessavano più alla gozzoviglia, ma cambiando espressione e divenendo improvvisamente seri, stavano attenti alle parole di Lillà, la quale senza fermarsi cominciò con: “Faccetta neraaaa, bell’abbissinaaa, aspetta e spera che già l’ora s’avvicinaaaa”….

Il pubblico reagì come una pentola a pressione che sta per scoppiare.  “Ora basta, maledetti” urlò un signore da dietro i tavoli. “Tornatene da dove sei venuta, sòccola!!!…” disse un altro. Ma Lillà non li sentiva nemmeno, e continuava: “quando saremooo, vicini a te, noi ti daremo un altro duce e un altro reee”…

Quella frase fu il segnale che scatenò l’inferno. Ormai la gente non si teneva più. Un cliente dell’hotel, prese una charlotte intera e la tirò in faccia a Lillà, la quale, dopo essersi tolta la panna dagli occhi per vedere chi era stato, disse: “all’anema ‘e chi t’ammuort”…

Subito il suo ganzo di 101 anni smise di suonare, e per difenderla prese una torta e la tirò in faccia a chi si era permesso di molestare la sua fidanzata: “beccati questa, screanzato!”….

Non passò nemmeno un minuto, e tutti cominciarono a tirarsi torte in faccia, tra il divertimento di Ruzza e Riccardino, che finalmente sembravano apprezzare quel momento. “Aspetta papà, sto arrivando…” disse Ruzza al padre che naturalmente, stava preparando i bagagli per scappar via con tutta la famiglia. Ma prima, la piccola Maria voleva salutare una signora a lei molto simpatica….

“Ve ne andate già, ci dispiace, ma restate, è una bella festicc…” Frisella non finì la frase, perché la terribile Ruzza prese l’ultima Charlotte e gliela tirò dritta sul naso. E siccome Frisella era a bordo piscina, oltre alla torta si beccò anche un bel bagno rinfrescante…

Fabio Mastropietro, Fiuggi

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