Era giunto il tempo di uscire dal nido ed esplorare il mondo.
La mitica Pillolina era pronta a conquistare nuovi terrori.
Il mondo era la sua ostrica.
Decise che sposando la filosofia low cost avrebbe potuto passare un weekend al mese viaggiando senza far sprofondare le proprie economie nell’oblio.
La prima meta fu scelta dal destino.
Più precisamente fu scelta dagli agrumi.
In un noioso sabato pomeriggio di pioggia si era recata in un tranquillo bar di campagna per fare merenda.
Mentre cercava senza successo di pulire il cellulare dalle briciole del suo sandwich uova e bresaola, aveva rovesciato con una gomitata il suo bicchiere di spremuta.
Il liquido riversato si era diviso in cinque sottili diramazioni che somigliavano a dita di una mano che cercavano di afferrare il giornale abbandonato all’angolo del tavolo.
Quando prese il giornale per tamponare notò l’inserzione che offriva l’opportunità di noleggiare una baita a Taosburg ad un prezzo irrisorio.
Non era mai stata a Taosburg.
Un’avventura a sole due ore di treno.
Chiamò subito il numero indicato non solo per prenotare per il weekend successivo, ma anche per chiedere se nella baita c’era un bagno incorporato.
L’ultima volta che aveva orinato all’aria aperta una famiglia di zanzare le aveva addentato ripetutamente una chiappa trasformandole la natica in una lettera dell’alfabeto Braille.

Anche se sapeva che non sarebbe arrivata a destinazione prima di mezzogiorno si era rifiutata di fare una banale colazione a casa.
Quel giorno si sarebbe nutrita solo a Taosburg, in questo modo avrebbe potuto provare più prodotti locali possibili.
Il viaggio in treno lo avrebbe passato leggendo un fumetto giallo ed ascoltando musica spirituale.
Appena entrata nel vagone si pentì di non aver messo nulla sotto i denti.
La fame aveva già cominciato a divampare.
A metà strada un simpatico ragazzo basso si sedette di fianco a lei e le domandò qualcosa.
Non fece in tempo a togliere gli auricolari che il suo stomaco in sommossa rispose per lei.
Il ragazzo scappò come se temesse per la propria vita. Aveva paura che la ragazza lo divorasse.

La stazione dei treni di Taosburg era a due passi dal centro storico.
Con il suo zaino color universo sulle spalle la dolce Pillolina si incamminò sorridente verso la piazza.
L’aria pulita e leggera profumava di croissant.
l cielo era sereno e sgombro di nuvole.
Il sole scaldava piacevolmente con i suoi raggi premurosi.
Le strade non erano asfaltate ma piastrellate con mattonelle di pietra.
Ogni tre metri spuntava un albero in fiore.
Tutti gli edifici erano di un solo piano e composti da mura di pietra con i sassi a vista.
I tetti erano formati da lastre di pietra scura.
In un prato in lontananza vide un bambino che faceva lo slalom tra le mucche con lo skateboard.
Le passò di fianco una lenta carrozza trainata da un destriero bruno che le lanciò uno sguardo affettuoso.
Era tutto così pittoresco.
Sembrava essere tornata indietro nel tempo di secoli.
Si sedette su un tavolino all’esterno di una pasticceria.
Il locale si chiamava Dolcina.
I nativi del posto parlavano un dialetto stretto ed incomprensibile.
Non aveva mai avuto successo con le lingue straniere e derivati, ma all’università aveva studiato approfonditamente la comunicazione non verbale quindi gesticolando riuscì ad ordinare una coppetta di gelato ai gusti vaniglia e pistacchio.
Il cortese cameriere portò subito il gelato con tre deliziosi biscottini alla cannella in omaggio.
Appena annusò il cibo cominciò a salivare.
Sembrava tutto così bello.
Così gustoso.
Così armonioso.
In mezzo alla piccola piazza seduti sul bordo di una grande fontana, ornata da statue di daini, c’era una coppia di teneri nonnini che si tenevano per mano.
Poco distante una gioiosa bambina con un vestitino rosa faceva volare un aquilone con disegnato una buffa tartaruga.
Dall’altra parte un trio di giovani ragazze civettavano allegramente sedute su una panchina.
In un altro angolo della piazza due bambini stavano giocando a terra con un pulcino.
Un ragazzo atletico coi capelli verdi che stava girando in bici si fermò davanti al tavolo di Pillolina e le porse una rosa bianca.
La ragazza prese il fiore ed arrossì.
Il giovane sorridendo riprese a pedalare.
Sembrava che il treno l’avesse traghettata verso il paradiso terrestre.

Il padrone della baita, un uomo baffuto dal portamento caprino, aveva modi fin troppo cordiali ed affabili.
Esibiva il tipico comportamento di un commerciale quando riesce a vendere qualche prodotto non affidabile.
Non la accompagnò di persona all’alloggio, ma le consegnò le chiavi, una mappa turistica e un cioccolatino al latte a forma di albero.
Segnò sulla cartina con una matita una stella sul luogo dove era collocata la baita.
La dolce avventuriera ci mise quaranta minuti a piedi per raggiungere la destinazione.
Si godette ogni passo della passeggiata in quell’ambiente da sogno.
Nel centro, non essendo permesse automobili ed altre mostruosità del genere, il cinguettio dei passeri era forte e nitido tanto da sembrare di assistere a un’orchestra all’aperto.

La baita era rustica ed intima.
Arredata proprio come un rifugio di montagna.
Tutta completamente di legno.
Pareti, soffitto, pavimento, mobili.
Sembrava di essere dentro al tronco di un albero.
L’ambiente era molto pulito e profumato.
Sul lavello della cucina c’era una bottiglia di vino bianco, che avrebbe di sicuro aperto più tardi, e una bottiglia di un forte liquore locale fatto con radici di betulla.
Quello non l’avrebbe mai provato neanche se le avessero sparato.
Nel frigo era riposta una succulenta torta salata a base di spinaci, uova, fontina e prosciutto.
Sia l’aspetto che l’aroma davano l’impressione che fosse squisita.
Di fronte al divano scarlatto a due posti c’era un caminetto.
Non aveva freddo, ma voleva accenderlo solo per fare atmosfera.
Fuori ad una decina di metri dalla baita c’era una casetta di legno piena di legna da ardere.
Allineò qualche ceppo di legno nel focolare, ma aveva bisogno di qualcosa per innescare il fuoco.
Non vedeva carta o cartone da nessuna parte.
Sarebbe stato un peccato usare le colorate tende di seta per accendere il camino.
Trovò un quaderno in fondo all’ultimo cassetto di un mobile.
Era pieno di scritte a mano in una lingua che non conosceva.
Perfetto per il suo scopo.
Non poteva sapere che era il diario privato di una ragazza che aveva alloggiato lì prima di lei.
Dopo aver acceso la fiamma mise la torta salata a scaldare vicino al camino.
Stappò la bottiglia di bianco e si versò un calice.
Fuori il sole cominciava a spegnersi e il cielo si colorò di sfumature di rosa.
Accomodata sul divano mangiava a piccoli bocconi la torta salata, che era davvero sublime, mentre ispezionava la mappa.
L’indomani avrebbe visitato le spettacolari cascate e le affascinanti rovine del vecchio castello.
Se le fosse avanzato del tempo avrebbe anche osato strizzare una tetta alla famosa statua di Lady Mithra.
Avrebbe disseminato per l’internet recensioni molto cuorose di quel posto.
Sorprendendo pure se stessa si era ricordata di portare il caricabatteria del telefono.
Tuttavia si era dimenticata di fare la ricarica, perciò per ora avrebbe usato il cellulare solo per fare foto e prendere appunti.
Si era alzata per andare a riempire di nuovo il calice quando davanti a sé si materializzò un’oscura presenza.
Eretta di fronte a lei c’era una ragazza dall’aspetto malvagio.
Aveva lunghi capelli ricci più scuri della morte.
In contrasto con la pelle talmente bianca da sembrare candeggiata.
Gli occhi, privi di iride e pupilla, rendevano il volto ancora più maligno.
Squadrava, con sguardo tetro e gelido, la tenera Pillolina che cadde sul divano dallo spavento spappolando sotto il suo sederino una fetta di torta.
Il suo posto speciale per il weekend era stato violato.
Fin’ora era andato tutto a meraviglia, ma adesso il suo travolgente entusiasmo era stato trafitto da quell’essere che emanava crudeltà e meschinità.
Il cervello di Pillolina fuggì per un attimo dalla realtà e pensò che quella ragazza si truccava veramente col culo.
Era anche disgustata dal lungo pigiama con i panda che un tempo doveva essere stato bianco, ma che adesso si presentava di un colore misto tra l’arancio e il marrone.
La figura maligna per un attimo ringhiò sbavando ed esibendo denti lerci ed avariati poi lentamente cominciò a svanire.
Un pezzo alla volta si volatilizzò, prima le gambe poi il braccio sinistro poi busto, poi la testa.
Rimase per qualche momento visibile solo la mano destra che galleggiava nell’aria.
Poi la mano si mosse chiudendosi a pugno mostrando a Pillolina il dito medio, per poi sparire del tutto.
La piccola cucciola corse in bagno e si chiuse dentro a chiave.
Freneticamente entrò in doccia.
La doccia era sempre stata uno spazio sicuro.
Un luogo protetto dal male.
Niente di cattivo poteva mai capitare mentre ci si lavava.
L’acqua calda sulla pelle la fece calmare, quasi dimenticare.
Non notò neppure le ombre che danzavano per la stanza.

Dopo mezz’oretta di doccia meditativa il fuoco si era quasi spento.
Caricò di ceppi il focolare aggiungendo qualche versata di liquore per incentivare la combustione e cercò di pulire il divano, dalle molecole di torta spappolate, il meglio possibile.
Stava per riporre in frigo le ultime fette di torta sopravvissute quando lo spettro ricomparve.
Era alta poco meno di due metri e da viva doveva essere stata molto giovane ed agile.
Il suo volto era una maschera di odio e rancore.
La tetra figura era leggermente traslucida come se la morta non fosse bene a fuoco.
Le pulsazioni della ragazza impennarono facendole tremare le mani tanto che rischiò di far cadere la torta a terra.
Iniziò a singhiozzare e i palmi diventarono sudacicci.
Prima che gli avanzi potessero cadere definitivamente per terra li scagliò contro lo spirito.
La torta attraversò lo spettro e atterrò sul divano sporcandolo di nuovo.
L’essere infernale a lenti passi si avvicinò alla ragazza che questa volta le tirò addosso una forchetta.
La forchetta sbatté contro le membra della losca figura che aveva ripreso tutto il suo tetro colore.
Di scatto afferrò la giovane per la gola e la sbatté contro il lavello.
La stretta era ferrea e gelida.
La povera Pillolina indifesa smise di respirare e i suoi polmoni cominciarono a bruciare.
Lo spettro avvicinò la sua bocca al quella della giovane come per prepararsi a strapparle le labbra a morsi.
Il doloroso bacio della morte.
La creatura spalancò l’ampia bocca profonda come una grotta.
Ne uscì una lingua pelosa e piena di pustole verdi.
Con un suono simile ad un rombo di un motore sputò del catarro azzurro in faccia all’inerte Pillolina.
La sostanza granulosa, più simile al cerume che alla saliva, odorava di anice mista a benzina.
Mollò la presa.
La dolce ragazza cadde a terra e cominciò ad ansimare.
Ci mise qualche minuto prima di riprendere il controllo delle sue funzioni vitali.
Una volta pronta scattò in piedi come una furia combattente pronta ad avventarsi contro la stronza ed a strangolarla.
Ma la baita era deserta.
La sua unica compagnia era il scoppiettio dei ciocchi di legno ardenti.
Si mise freneticamente a lavarsi la faccia nel lavello, strofinandosi animosamente con le mani.
Continuò a sciacquarsi all’infinito.
Non si sentiva mai abbastanza pulita.
Poi un brivido le trotterellò su per la schiena.
Si sentì avvolta da un freddo pungente.
Percepì che la presenza era tornata.
Era fuori di sé.
Nella mano sinistra prese la bottiglia di vino, nella destra quella di liquore.
Si girò rabbiosa verso l’oscura infestatrice che la osservava ghignando.
Diede un occhiata veloce alle mani decidendo quale bene avrebbe sacrificato per primo.
Scelse il liquore.
Scagliò la bottiglia con forza animale verso lo spettro quasi stirandosi il tricipite.
La bottiglia transitò senza ostacoli attraverso il lurido pigiama coi panda.
Continuò il suo percorso per esplodere in una pioggia di frammenti di vetro dentro il camino.
Una nuvola di fuoco esplorò la stanza.
L’infame sorriso sparì dalla faccia del fantasma che ora sembrava smarrita come una bambina persa in un centro commerciale.
Pillolina scappò di corsa fuori dalla baita prima che le fiamme potessero accarezzarla.
Il raffinato legno della baita prese fuoco velocemente.
La giovane, ancora con la bottiglia di vino in mano, a distanza di sicurezza osservava attraverso una finestra.
Lo spirito stava cercando di fuggire da quel forno gigante senza successo.
Sembrava che non sapesse usare le maniglie delle porte.
Le fiamme danzavano e si riproducevano.
Il legno soffriggeva.
Rivoli di fumo trapelavano dai vari serramenti.
Lo spettro non poteva uscire.
Era in trappola.
Lo spirito rimase fermo immobile in mezzo al rogo.
Era morta in quella baita ed era lì che il suo spirito immondo era confinato.
Il sottobosco del mondo esoterico è zeppo di misteri ed enigmi e la graziosa donnina aveva appena scoperto che i fantasmi non sudano.
Si sedette sul prato a godersi lo spettacolo pirotecnico.
Ogni tanto buttava qualche ciocco di legno con il braccio sinistro addosso alla baita in fiamme per tenere vivo il fuoco il più possibile.
Quando il deposito della legna fu mezzo svuotato trovò una cassapanca che conteneva il cadavere ben conservato della fanciulla riccia.
Il proprietario della baita sarebbe andato in prigione e nessuno l’avrebbe sgridata per quell’improvvisato falò.
Arrivò una coppia di signori che stavano passeggiando nei dintorni.
Non dissero niente, semplicemente si sedettero intorno al fuoco abbracciandosi.
Arrivarono anche due teenager che si sdraiarono vicino alla cassetta della legna.
Uno tirò fuori dal marsupio un flauto di pan e iniziò a suonare. L’altro offrì a tutti i presenti degli snack.
Mentre sorseggiava vino e sgranocchiava crostini, la bella Pillolina, cullata dal tepore del rogo e coccolata dalla melodia, pensò che viaggiare era il vero nutrimento dell’anima.

Storia tratta dal libro LA DONNINA DEI MISTERI di Ronald Arkham

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