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Home›Racconti›Tra fate e folletti

Tra fate e folletti

By Redazione
14 Novembre 2018
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Io dopo che sono stata nel Parco Nazionale della Sila sono arrabbiatissima, sì perché non è possibile che io, calabrese della zona della Costa Viola, debba scoprire la bellezza di questi luoghi al quarantesimo anno di età.
Devo ringraziare per questo mia figlia che ha organizzato la mia festa di compleanno a Villaggio Mancuso, altrimenti non avrei avuto modo di conoscere uno dei posti più incantati che abbia mai immaginato.
E dire che quando mi ha detto andiamo in montagna ho subito pensato di darmi malata, poi un po’ per quieto vivere un po’ rassegnata ho accettato, obbligando però tutta la famiglia a fare una tappa a Taverna per visitare il museo dedicato a Mattia Preti.
Ho pensato visto che vado a rompermi le scatole in un posto ameno di montagna almeno posso ammirare le opere di Mattia Preti e pazienza.
Quando poi siamo ripartiti da Taverna per raggiungere Villaggio Mancuso ho così stressato la compagnia lamentandomi di avermi portato in montagna al freddo, che penso mi avrebbero volentieri abbandonata sul ciglio della strada.
A dirla tutta il tratto di strada da Taverna a Villaggio Mancuso non è stato per niente propiziatorio, anzi ancora peggio, una salita impervia e piena di curve. Per non continuare a lamentarmi ho deciso di chiudere gli occhi e dormire.
E qui succede l’inaspettato. Ho sentito la macchina fermarsi e mio marito dire svegliate vostra madre che siamo arrivati.
Ho aperto gli occhi e davanti a me un paesaggio fantastico, fantastico nel vero senso della parola. Dove mi avete portato, in una fiaba di Andersen? Quanto ho dormito? Siete sicuri che siamo in Calabria?

Certo! Ha risposto mia figlia. Siamo a Villaggio Mancuso e davanti a noi c’è l’albergo delle fate.
Un luogo da mille e una notte, tra boschi di pino laricio e casette in legna stile borghi della Svizzera, tra fate e folletti che per l’occasione si sono travestiti da miei familiari…
È stata una delle giornate più belle della mia vita, che mi ha fatto rendere conto di quanto non conosco della nostra terra e di come gli stereotipi mi hanno condizionato in questi 40 anni.

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