“Se aprono gli stadi per il calcio, le stesse regole dovranno valere per i concerti”. Incalzato dalle associazioni di categoria in rivolta, dai discografici della Fimi ai tanti comparti rappresentati dall’Agis, il ministro della Cultura Franceschini alza la voce per lo spettacolo soffocato dalla crisi nerissima che dura ormai da oltre un anno.
Anticipa la sua posizione dopo la lettura dei giornali, la ripete alla Camera sollecitato da Italia Viva al Question Time, la ribadisce agli attori e alle maestranze del Globe Theatre di Roma, da oggi occupato come è stato nelle passate settimane per il Piccolo di Milano e il Mercadante di Napoli. Il tema è sempre quello delle riaperture in vista di maggio e il ministro assicura che farà “tutto il possibile” per aiutare la ripresa del settore, puntando a ripartire in sicurezza e per i prossimi mesi “soprattutto all’aperto”. Così come continuerà a battersi, dice, perché si prosegua con i ristori. Per aiutare chi resta chiuso, ma anche chi riaprirà e dovrà farlo in maniera ridotta. “Non sono la vostra controparte”, ripete agli artisti del teatro che fu del grande Gigi Proietti, “ho il dovere di essere il vostro rappresentante nelle istituzioni”. Gli attori lo ascoltano in silenzio, sembrano apprezzare le sue parole, anche se il breve intervento del ministro, in piedi al centro della grande sala, non viene salutato da applausi. Ma tant’è , l’atmosfera nel teatro shakespiriano di Villa Borghese sembra quella di una assemblea un po’ lunare, con gli attori e le maestranze sedute in circolo, a dovuta distanza gli uni dagli altri, i volti coperti dalle mascherine. In sala c’è pure Ascanio Celestini, che premette di parlare a titolo personale, anche se nelle sue parole si ritrova la disperazione di un intero pezzo d’Italia: “Ci si è occupati dei teatri come delle aziende che inquinano e che non è possibile mettere a norma”, denuncia. “Non si è fatto il lavoro che serviva e quindi ci ritroveremo a riaprire questi spazi con tutti i problemi che c’erano prima più quelli che si sono aggravati nel corso del tempo”.
Parole durissime, che seguono quelle altrettanto vibranti dei promoter della musica e delle associazioni dello spettacolo, arrivate di prima mattina dopo l’annuncio dell’ok da parte del governo ad aprire al pubblico lo Stadio Olimpico di Roma per gli Europei di calcio. “Se è possibile accedere in uno stadio con 16 mila persone per il calcio deve essere possibile anche per un concerto – tuona Enzo Mazza, ceo della Fimi, la federazione delle industrie musicali – il mondo della cultura non può essere trattato in questo modo”. E di ingiusta discriminazione parla anche Carlo Fontana, presidente dell’Agis, l’associazione generale dello spettacolo. Dopo tante giornate di mugugni, di polemiche trattenute, di consigli, raccomandazioni, cortesi richieste, sembra il segno della rivolta di un intero settore ormai a corto pure di pazienza.
Franceschini rassicura: “Le regole sono uguali per tutti, l’ho scritto anche nel documento inviato ieri al Cts”. Ai parlamentari e poi di nuovo davanti agli occupanti del Globe, il ministro ricorda le richieste che ha fatto ai tecnici del comitato con l’obiettivo di riaprire i luoghi della cultura e dello spettacolo con un pubblico “raddoppiato” rispetto alle regole adesso in vigore. Scandisce i numeri limite, “500 al chiuso, 1000 all’aperto”, che dovrebbero consentire un buon passo avanti assieme alla possibilità per le Regioni di organizzare grandi eventi. “Stiamo lavorando per garantire un’apertura massima possibile”, sottolinea. “Sono proposte ragionevoli, viste con le categorie, spero che la risposta del Cts sia positiva”. Ad augurarselo sono in tanti, anche se il mondo delle associazioni, dall’Agis alla Fimi, dalle Fondazioni liriche alle tante sigle del cartello #ricominciamo, continua a chiedere ben di più, “senza numeri fissi” per la capienza delle sale e persino senza più il limite della zona gialla: “C’è un problema di sostenibilità economica – incalza il presidente Agis -l’attività deve chiudere solo nelle regioni rosse”. Non basta neppure la promessa di nuovi ristori. Lo spettacolo allo stremo vuole solo riaprire.