Una cosa è certa: per Alberto Barbera e Thierry Fremaux, direttori artistici rispettivamente dei Festival di Venezia e Cannes, i festival si fanno con talent, incontri stampa e red carpet. Ma per i festival più piccoli sicuramente “ibrido è bello”, come dimostrano i dati emersi dal recente convegno Afic.

Di fatto il dopo Covid cambierà un po’ tutto. Intanto i numeri. Un festival su tre ritiene che un’edizione online porti ad arricchire la programmazione e/o ad aumentare la visibilità dell’evento, mentre il 62% ha dichiarato di immaginare la prossima edizione in formato ibrido. Il 43% ha sostenuto poi costi imputabili all’edizione online superiori ai 10.000 euro, mentre il 49% ha registrato un incremento degli incassi derivanti dai film rispetto all’anno precedente. Il 75% dei festival sostiene poi di aver subito la soppressione o una riduzione dei finanziamenti privati rispetto all’anno precedente, mentre lo Stato e gli Enti locali hanno dimostrato maggiore sensibilità e attenzione. Tra i vantaggi del ‘festival ibrido’, la possibilità di allargare la platea degli utenti in maniera esponenziale. E senza i costi, spesso proibitivi, del trasferimento delle star con rispettivo staff in loco.

Per quanto riguarda invece il destino delle sale, “questa lunga assenza dalla sala ha aumentato la disabitudine della gente, non creando troppa nostalgia del cinema che arriva nelle nostre case grazie alla tv”, dice Pupi Avati. Dello stesso parere Franco Montini, presidente del Sindacato Critici Cinematografici: “Ci si sta abituando all’assenza della sala e più passa il tempo più questa abitudine si consolida, cosa che fa davvero paura”. Più fiducia invece da parte di Laura Delli Colli, presidente del Sindacato Giornalisti Cinematografici e della Fondazione Cinema per Roma: “Certo ci sarà una selezione nelle sale anche solo per i costi sanitari da sostenere per le bonifiche, ma vivranno sicuramente le multisale, perfette per il pubblico dei blockbuster, e potrebbero essere vincenti le sale di quartiere, quelle dove si va a piedi”. Da Piera Detassis l’augurio della convivenza di piattaforme e sale: “Ma queste ultime dovranno molto essere specializzate”.