Mio padre è una cittadina vuota, silenziosa, dove solo il canto notturno dei grilli anima il paesaggio. Mio padre è anche un ospedale abbandonato, dove non si possono curare le ferite, ma solo immaginare come sarebbe stato ricevere una medicazione dal dottore più importante del reparto. Mio padre è anche una festa affollata, dove il suono è così forte da far girare la testa. In una casa riesco a vedere una donna con il viso adagiato sul cuscino, una lacrima opaca le riga il viso. Chissà, mi chiedo, quale sofferenza ha abbracciato l’animo di quella sconosciuta, lontana. Mia madre invece è il Sole che sorge al mattino e fa cantare gli usignoli, irradia la stanza con la sua risata, quando genuina. Mia madre è anche la Luna, misteriosa, che si sveglia di notte e sorveglia l’oscurità. Mia madre è un albero che non è potuto crescere, piantato in un misero giardino abbandonato a sé stesso. I suoi rami sembrano avvilirsi ogni giorno di più, e nonostante lei sia andata via da quella fredda cittadina silenziosa, ancora scruto in lei palpitii di sofferenza, nostalgia. Chissà, mi chiedo, cosa le manca. Cosa le attraversa il pensiero, al di fuori della preoccupazione mondana dell’esistenza? Mia madre ha poi visitato altre piccole città, eppure, in ognuna di esse, nessuna casa l’è mai sembrata sicura. Vorrei donarle il mondo, così come lei prova a donarlo a me, nel suo piccolo. Oh madre, sai, anch’io ho visto i miei sogni sgretolarsi dietro un pannello di vetro, e non potevo far nulla se non osservare i rimasugli dei desideri perduti, ch’ormai son morti. Tutt’ora mi rivolgo alle stelle e ai pianeti quando chiedo qualcosa ma sai, mamma, io ormai non desidero più. Non desidero più nulla. In me non v’è più alcun desiderio. Io aspetto che la corrente mi faccia muovere, quasi mi muovo d’inerzia, non più un briciolo di brama è presente nel mio animo. Ho solo un unico desiderio che mi divora il petto fino a risalire alla gola. Io vorrei compiere la mia vocazione. Il mio piccolo demonietto ancora non s’è pienamente manifestato, e ciò mi divora. Forse devo solo attendere, ma sai, questa volta disprezzo il non poter conoscere tutto subito. Qual è il mio scopo? Conosco troppo poco mio padre e non riesco a trovare sintonia tra le nostre vite. Anzi, forse qualcosa la conosco. Ma nessuna di queste cose mi spinge a voler intraprendere un viaggio che durerà quanto tutta la mia esistenza. Mamma, secondo te qual è il mio scopo? Quale pensi sia il motivo per cui io son venuta al mondo, per cui io risiedo in questo corpo? Quale pensi sia il motivo per cui voi siete i miei genitori, e cosa ho ereditato da voi? Son troppo lontana da voi, e non riesco nemmeno a sentirmi in colpa per questo. Ho sofferto così tanto da non farmi più sfiorare da nulla e le persone mi hanno ferita così tante volte da sentire di non poter mostrare loro a pieno quanto è immensa e coinvolgente la mia essenza, nemmeno a coloro più vicini a me. Ora sono apatica alla loro esistenza, tanto tutto è solo di passaggio, vero? Niente dura nel tempo, ma niente è perso, questo lo so. Come pensi possa sentirmi dopo che mi è stato strappato via tutto, anche il nome? Pensi che la gente si diverta a giocare con il mio cuore di cristallo? Mi sembra di esser discesa su questa terra perché ho il potere di calmare gli animi, di connettermi con ciò che non tutti vedono, di percepire ogni piccolo movimento. Ho il potere della creazione e della comunicazione. Ma cosa mi porteranno mai tutte queste abilità? Potrebbero giovare un uomo, una donna, un bambino. Ma cosa mi porteranno tutte queste abilità se non sofferenza e incomprensione? La mia voce non m’ammalia, né la mia corazza. Io mi sento viva solo quando provo amore, quando dono amore e quando lascio pezzi della mia anima, in eterno, sulla carta. Forse la mia vocazione è l’amore devoto, o lo spiegare l’amore devoto attraverso delle rime. Ma sai, mi sembra d’esser discesa su questa terra nel momento peggiore; tra odio, rivalità, invidia, menefreghismo, malvagità… io non risuono con tutto questo, mamma, io son troppo sensibile per affrontare questo caos a testa alta! Oh, quanto vorrei potermi dare una risposta. Quanto vorrei potermi leggere dentro, poter leggere il futuro, poter scegliere senza paura di rimorsi che verranno. Forse non posso ancora rispondermi. O forse l’ho già fatto, ma non so d’essermi risposta. Mi vien da pensare che forse è proprio mio questo compito: la ricerca dell’amore. Questa è la mia passione, l’amore religioso che risiede nelle azioni d’espressione creativa. Io voglio portare l’amore nel mondo, voglio diventare amore per il mondo e discendere nel capo d’ogni singolo essere. Voglio brillare di luce perché io la luce non l’ho mai vista, non l’ho mai vissuta. Voglio brillare così tanto da riuscire ad annullare il male. Perché l’amore porta bellezza, e la bellezza devozione, e la devozione fede, e la fede ti fa vivere in ogni attimo per l’eternità. E non avrò desideri, ma ho un’immensa fede nello svolgersi degli eventi perché, nonostante il cosmo, in passato, mi abbia catapultato in voragini buie, m’ha sempre teso la mano nell’atto di risalire. Mamma, io nel mio ventre ho il destino della nostra discendenza e nelle mani ho l’evoluzione dei nostri avi.

Dalila Antonelli, Avellino

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