Matera da mangiare, da ascoltare, da vedere. Da ricordare. Un anno vissuto a Matera è una cosa che mi capita da tutta la vita. È qui che sono nata. È qui che ho visto, più di quarant’anni fa ormai, mutare i luoghi e le persone in meglio. Una volta ci consideravano poco. Me lo ricordo anche se ero piccola. Erano i primi anni Novanta. Il tempo in cui qualcosa iniziava a muoversi e la speranza sarebbe arrivata da lì a poco. La speranza della rinascita che è culminata con questo titolo della Capitale europea della Cultura. È come se noi tutti materani avessimo una sorta di corona sulla nostra testa da portare in giro per il mondo e mentre il mondo viene a visitarci. «Sei di Matera!», ci dicono sorridenti quando ci vedono in un altro posto che non sia casa nostra. Già, casa nostra. Una casa aperta a chiunque quest’anno più degli altri anni. Certo, la convivenza mica è sempre facile: gente che entra in questa abitazione storica e preziosa con poco riguardo ce ne sta. Ma ce ne sta anche tanta che visita tutto con cura. Che si appassiona al nostro vissuto che va al di là della bellezza strutturale dei luoghi. Benedetto sia Mel Gibson e il film sulla Passione di Cristo che ha fatto vivere a Matera, a tutti noi, una nuova vita.

Ci sono nuovi amici, nuovi lavori, nuove opportunità e qui nessuno ha più paura che tutto finisca perché ormai il meccanismo è partito. Ormai siamo pronti all’arrivo del mondo e ci teniamo ben saldi sulla testa questa nostra corona di Capitale europea della Cultura che dovremo deporre a dicembre, vero, ma che resterà nostra per sempre. Perché Matera è per sempre. Perché Matera si rigenera con la Storia e con lei tutti noi che la viviamo da sempre.

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