Louis, o meglio Louis Raoré Obiang veniva dalla Guinea, era scappato dalle violenze dei militari, dal pericolo dell’ebola, dalla lebbra e da un lavoro pagato una miseria.

A Boke’aveva lasciato una misera abitazione, non molto distante in linea d’aria dalla miniera. Aveva abbandonato un luogo, un tempo una bella campagna con coltivazioni di mais, di sorgo, di manioca ma che ora, dopo l’apertura della miniera era diventato sporco, polveroso e squallido.

Aveva salutato un anziano padre, malato di silicosi, con una famiglia di cinque figli. Il padre prima dell’arrivo della miniera faceva il contadino ma ora, non avendo più la terra, era costretto a lavorare e ad ammalarsi come minatore per pochi franchi guineani.

Non è stato facile per Louis arrivare in Italia, il suo viaggio durò più di un anno, aveva dovuto attraversare il Senegal, il Mali e il Niger per arrivare alla Libia e infine a Lampedusa.
A seguito della sua richiesta d’asilo politico, Louis riuscì abbastanza presto ad ottenere dei permessi di soggiorno e a trovarsi anche un lavoro. Non era certo un lavoro da colletto bianco , quello che aveva trovato, si trattava di lavorare in una fonderia. Una fonderia di tipo artigianale , di quelle che scioglievano dentro dei crogiuoli, sui dei grandi forni a gas, barre e rottami di bronzo. Una fonderia dove si faceva ancora tutto a mano , dove si affondava nel crogiuolo il mestolone da fonderia, lo si riempiva sino al colmo del magma liquido, e poi lo si versava negli stampi. Si trattava di un lavoro duro, dentro uno spazio ristretto, pieno di fumi e di vapori, dove il calore era insopportabile e bisognava stare molto attenti a non farsi del male nel trattare il metallo fuso.

Louis, aveva imparato in fretta a svolgere quel lavoro, un lavoro, come gli aveva confidato l’operaio che andava a sostituire, poiché prossimo alla pensione, che non lo voleva fare più nessuno. Imparò a fare gli stampi, imparò a caricare e scaricare i crogiuli, a versare il metallo fuso nelle forme e a ripulire dalle eventuali scorie o sbavature gli oggetti stampati.

Il tutto, sotto lo sguardo del titolare o per meglio dire del padrone, che lo controllava da un gabbiotto di vetro che fungeva da ufficio.
Gli orari di lavoro non erano proprio quelli sindacali, iniziava alle sette e trenta del mattino e terminava alle diciotto del pomeriggio, orario continuato, tranne una pausa di quindici, venti minuti a metà giornata, per un panino o qualche urgenza in bagno.

Oltretutto non abitava vicino al posto di lavoro, aveva trovato casa in un appartamento da condividere con altri ragazzi, in una cittadina a circa trenta chilometri di distanza ed in più, la fonderia, si trovava in una frazione isolata.

Louis si era così organizzato: dalla sua abitazione raggiungeva in treno la Stazione del paese dove lavorava e poi con la bicicletta raggiungeva la fonderia. La strada, dalla stazione del paese alla sua frazione non era bellissima, era una strada di campagna, scarsamente illuminata e piena di curve. Aveva iniziato a lavorare in quel posto alla fine di Aprile, allora le giornate erano lunghe e luminose e non gli resero pesante la sua condizione di pendolare, ma poi cominciò ad arrivare l’autunno.

Con l’autunno le giornate iniziarono ad accorciarsi ed il percorso dalla stazione alla fonderia, con l’arrivo del buio cominciava ad impensierirlo. Sia al mattino alle sette, quando con la bicicletta partiva dalla stazione, che alla sera dopo le sei, quando faceva ritorno, ormai c’era buio. Si organizzò, acquistò un gilet di sicurezza catarifrangente e si assicurò che le luci della bicicletta, sia anteriori che posteriori, andassero bene.
Con piacere, verificò che gli accorgimenti presi funzionavano, in effetti era ben visibile agli automobilisti, i quali lo superavano rallentando e lasciando, per sicurezza, una considerevole distanza .
Quello che Louis non aveva considerato era che non esistono solo le brave persone, quelle corrette e normali, purtroppo esistono anche molte persone squallide e scorrette.

Fabrizio dormì male quella notte, oltretutto aveva bevuto e sniffato molto, quando si svegliò si accorse che era molto tardi. Scrollò con un piede, la donna che stava dormendo profondamente al suo fianco, ordinandole sgarbatamente di vestirsi e andarsene via al più presto, si sciacquo la faccia alla belle meglio, sistemo i suoi lunghi capelli biondi, raccogliendoli con un codino alla nuca e poi andò in garage.

Nel garage lo aspettava il suo Pick-Up Mercedes nero, vi salì velocemente e si avvio verso il luogo dell’appuntamento a cui stava tardando. Mentre era alla guida, armeggiò con il telefonino, per trovare il numero della persona che doveva incontrare e che probabilmente lo stava già aspettando, per scusarsi del ritardo. Stava concentrandosi sul display, quando senti un forte botto provenire dal cofano del suo pick-up a cui seguirono delle urla e dei rumori metallici.

Si rese conto che essendosi distratto con il cellulare, aveva invaso con il suo veicolo la corsia opposta, andando così ad investire frontalmente il povero ciclista che stava correttamente viaggiando sulla sua destra. Fermò la macchina, scese e vide a terra, un giovane di colore, con una gamba ed un braccio che parevano non appartenere più al suo corpo, sembravano slegati come quelli di una marionetta e urlava, urlava, urlava dal dolore.
La bicicletta era in mezzo alla strada, quasi accartocciata, con le ruote deformate e sporca di sangue.
Fabrizio, per prima cosa, contattò al telefono la persona con cui aveva l’appuntamento, avviando, dopo avergli comunicato dell’incidente, una lunga conversazione.

Certo, gli venne da pensare, che se nel frattempo non si fossero fermati quegli automobilisti, lui sarebbe scappato e anche se in ritardo, a quell’appuntamento ci sarebbe arrivato.

In un primo tempo gli automobilisti cercarono di soccorrere il povero malcapitato e solo dopo, quando stupiti ed increduli, scoprirono che l’investitore, pur restando sempre attaccato al telefono non aveva ancora chiamato nessun soccorso, provvidero direttamente.
Arrivò la macchina della polizia locale, scesero due agenti che per prima cosa, si preoccuparono di liberare la strada, per lasciar scorrere il traffico e purtroppo, spostarono la bicicletta che si trovava in mezzo alla strada, posizionandola sul lato opposto a quello che stava percorrendo lo sfortunato ciclista.

Nel frattempo Louis perse conoscenza e smise di urlare per i dolori, poi, finalmente, arrivò la croce rossa.
Il medico si rese subito conto delle gravi condizioni del ferito, aveva perso troppo di sangue, aveva fratture per tutto il corpo e forse anche dei traumi alla testa. Louis venne caricato sull’ambulanza che erano quasi le otto e mezzo del mattino e alle dodici in punto spirò.
Mentre stavano portando all’ospedale Louis, erano giunti sul posto dell’incidente gli agenti della Polizia Stradale, i quali interrogarono Fabrizio.

Fabrizio, che era nello stesso tempo investitore e unico testimone, non conosceva di certo vocaboli del tipo coscienza, onestà, lealtà ma sapeva bene il significato di vocaboli come scaltrezza o furbizia. Vedendo la posizione in cui si trovava la bicicletta, con scaltrezza, colse l’occasione per dichiarare che il malcapitato, stava viaggiando senza luci e contromano, per cui, trovandoselo improvvisamente di fronte, non aveva potuto fare niente per evitarlo.

Nessuno controllò le luci della bicicletta poiché erano tra l’altro frantumate, nessuno fece notare che Louis indossava un gilet catarifrangente, poiché lo avevano già portato via, e pertanto, presero per buone le dichiarazioni dell’investitore.
Fabrizio poi, arrivò persino a lamentarsi per il sequestro della macchina, si calmò solo quando gli assicurarono che l’avrebbero tenuta semplicemente per una formale verbalizzazione degli accertamenti e che poi l’avrebbe riavuta al più presto, tanto era chiara e inequivocabile la dinamica dell’incidente. Fu così, che poi telefonò ad un’amica per farsi venire a prendere, non mancando nella conversazione di lamentarsi per quello che aveva definito “un imprevisto” e di condire il tutto con parole offensive all’indirizzo di: «quei…»

𝐀𝐧𝐠𝐞𝐥𝐨 𝐑𝐞𝐜𝐜𝐚𝐠𝐧𝐢, 𝐂𝐨𝐫𝐧𝐞𝐠𝐥𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐋𝐚𝐮𝐝𝐞𝐧𝐬𝐞 (𝐋𝐨𝐝𝐢)

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