Vado in Sila da più di 30 anni, è cambiata molto dalla prima volta, adesso ci sono tanti ristoranti, alberghi, servizi vari, però una cosa non è cambiata: il suo panorama.
Ancora adesso è possibile vedere queste mandrie di vacche podoliche che vagano per le valli oppure stanno distese nei campi silani. Arrivano qui ogni anno nel periodo tra maggio e giugno per poi riscendere al mare nel mese di settembre, la cosiddetta transumanza.
Nonostante la disponibilità di mezzi di trasporto, ancora adesso molti accompagnano le mandrie attraverso gli antichi tratturi o come le chiamavano i pastori, le vie pubbliche.
Un’esperienza veramente unica che secondo me almeno una volta nella vita va vissuta in prima persona. Superato il primo momento di entusiasmo quando si parte nella parte più pianeggiante che di fatto è una semplice escursione a piedi, il percorso diventa molto impegnativo.
La fatica e le difficoltà via via aumentano.
Le vacche si inerpicano per sentieri irti e a volte pieni di spine, con un passo per niente lento, difficile per chi non è allenato stargli dietro.
Dopo un po’ alla fatica subentra una sorta di euforia bisogna però lasciarsi andare, dimenticarsi le comodità e cominciare ad apprezzare anche i piccoli dolorini dovuti sia dalla tensione muscolare che dalle punture di spine, il caldo, le mosche che ti ronzano attorno, la polvere che viene smossa dal passaggio delle mandrie.
Di fatto bisogna entrare in perfetta sintonia con le mandrie e vedere questo percorso come una sorta di “ascensione spirituale”. Questo è ciò che ha rappresentato per me la breve transumanza che ho percorso con alcuni pastori del Marchesato crotonese.

Uomini di poche parole, grandi lavoratori, che mi hanno accolto con curiosità e un po’ di diffidenza iniziale dovuta al fatto che nella prima ora sono stato sempre a lamentarmi. Poi, dopo aver compreso lo spirito del viaggio, ho cominciato a partecipare alla transumanza non da semplice spettatore ma da aiutante “mandriano”, allora tutto è cambiato per loro e per me soprattutto.
Ho imparato che certe esperienze, per apprezzarle fino in fondo, vanno vissute in prima persona e non da semplici spettatori.

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