Grassano ha cinquemila abitanti. È qualcosa di più che un paese ma un po’ meno di una città. Grassano è ricca di cultura ed è, soprattutto, l’insediamento dei Cavalieri di Malta più importante della Basilicata. In assoluto il più importante. I “guerrieri” vestiti con il mantello con la croce sul petto arrivarono da queste parti fra il Duecento e il Trecento e la resero la Commenda più prestigiosa. Quando sono venuta a visitare Grassano (spinta dal mio amore per lo scrittore Carlo Levi), ho scoperto tutta questa storia medievale che non conoscevo. Qui i Cavalieri di Malta hanno fondato l’Ordine San Giovanni di Gerusalemme della Commenda di Grassano mutando in positivo il volto di questo paese a cominciare dalla fortezza. Il Castello medievale aveva la sua torre d’angolo, che oggi è rimasta solo in una piccola parte, e custodiva al suo interno delle stalle molto grande e, come ogni buon castello che si rispetti, aveva anche le prigioni. Con la crisi dell’Ordine dei Cavalieri di Malta iniziano anche i problemi alla struttura. A metà dell’Ottocento ci sono diversi crolli e il castello passò al clero che decise di abbatterlo e costruire il campanile e parte della navata di sinistra della bellissima chiesa madre dove dentro ho potuto vedere un bellissimo organo del Settecento ancora tenuto in ottime condizioni.
Superati i ruderi del Castello medievale, si possono vedere i cinti. Che cosa sono i cinti? Anche questo l’ho scoperto nella mia visita a Grassano. I cinti sono una sorta di cantine scavate nelle colline formate da una navata con delle volte a forma di botte che finiscono in questa sacrestia, che poi è una sorta di abside. Qui veniva conservato il vino migliore del territorio. Usciti fuori da questa zona e rientrata verso il centro abitato ho potuto rendermi conto che è vero ciò che raccontava il mio scrittore preferito Carlo Levi. Grassano, dove tornò a coltivare la passione per la pittura, è un posto dove “la maggiore vivacità della gente, il diverso dialetto, con i suoi rapidi suoni pugliesi, mi davano l’impressione di essere quasi in una città piena di vita”. Questo troppo amore per la comunità lo costrinse, dal prefetto fasciste negli anni Trenta, ad essere trasferito nella più “solitaria” Aliano. Ma il ricordo di Levi qui è ancora vivissimo.

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