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Parco Nazionale del Pollino

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Nel Pollino esiste la capitale del sale. È a Lungro, infatti, che si può visitare ciò che resta di una delle più antiche e importanti miniere di sale in Italia. Lì dove i normanni facevano incominciare la via del sale, che percorreva il Pollino fino ad arrivare ad Orsomarso, oggi c’è un museo che ricorda tutta la vita della miniera salina.

Il Museo storico della miniera di salgemma celebra una parte importantissima della vita di Lungro e dei suoi abitanti senza dimenticare, e non poteva essere diversamente, le radici arbëreshë che affondano nella cittadina del Pollino tanto che sull’insegna del museo c’è anche la denominazione in lingua italoalbanese. Il museo si trova a Palazzo Martino, in piazza D’Azeglio, ed è stato inaugurato il 2 giugno 2010 dopo che per anni si è discusso sul riutilizzo del sito della miniera chiuso nel 1976.

Al suo interno sono custoditi memorie e oggetti recuperati dalla miniera e cimeli casalinghi donati dalle famiglie lungresi. Più di 180 disegni raccontano la vita della miniera insieme a foto, mappature, stemmi, divise e oggetti della vita quotidiana degli operai. Non viene dimenticata la cucina e la cultura contadina. All’interno del museo di Palazzo Martino, infatti, è stata ricostruita anche la cantina, luogo di svago per eccellenza degli operai, insieme ai posti in cui si preparava il cibo e agli attrezzi destinati al raccolto. A sottolineare l’importanza di questo aspetto c’è, inoltre, un quadro dell’artista lungrese Franco Senise che ritrae i terreni agricoli della zona di Costantinopoli.

Nel Parco del Pollino c’è anche il mare. Detta così, la frase farebbe rizzare i capelli in testa a chiunque ma se parliamo di Belvedere Marittimo tutto ha più senso.

Ci sono alcuni Comuni, e Belvedere Marittimo è fra questi, che estendono i propri confini fra il Mar Tirreno cosentino e il Pollino. La parte marina è a un passo dalle onde mentre quella storica ha alle spalle la montagna. La zona più antica di Belvedere Marittimo, siamo in provincia di Cosenza, è un borgo medievale poggiato su una roccia che volge il proprio sguardo sul Tirreno. Fra i luoghi più belli da vedere c’è la Chiesa del Rosario la cui data di costruzione dovrebbe essere certa perché, sul portale d’ingresso, troneggiano le cifre “1091” che la rendono, dunque, una costruzione a cavallo fra l’Alto e il Basso Medioevo. Entrati in chiesa, l’occhio cade subito sull’affresco di Santa Margherita, patrona delle partorienti. Usciti dalla chiesa, la nostra passeggiata può diventare un bel percorso di trekking, piuttosto che un percorso a cavallo, verso la montagna. Siamo in pieno Parco del Pollino e possiamo dirigerci verso i Monti dell’Orsomarso per arrivare fino al suo punto più alto, gli oltre 1900 metri di Cozzo del Pellegrino. Belvedere Marittimo, in poche parole, è una località godibile sia d’inverno che d’estate. Nella stagione dei cappotti possiamo andare a scoprire e conoscere le sue vette e i suoi paesaggi, nella stagione dei costumi da mare possiamo scendere verso le sue spiagge che ogni anno sono meta turistica non solo per i calabresi. E se facesse troppo caldo ci si può sempre rifugiare fra i monti del Pollino.

Quando sono arrivato nel Pollino lucano, a Valsinni, ho scoperto una storia di cui non ero a conoscenza. Una storia che era sconosciuta finché gli studi di Benedetto Croce non hanno portato alla luce la vita e l’opera di Isabella Morra, poetessa di ventisei anni uccisa dai fratelli a causa di una relazione con Diego Sandoval de Castro. La vita di Isabella era legata a quella di Valsinni e del suo castello, visitabile ancora oggi, dove la giovane abitava insieme alla sua famiglia. Fu Giovanni Michele Morra a trasmettere alla figlia la passione per la poesia che, ben presto, s’innamorò delle liriche di Petrarca. La vita della famiglia Morra cambia quando arriva la dominazione spagnola e Giovanni Michele è costretto a fuggire a Parigi perché servitore del re di Francia.

Chi vive in questo borgo del Pollino racconta che nell’odierna Valsinni rimasero la madre della giovane con i fratelli ed Isabella fu affidata ad un precettore che le insegnò ad apprezzare gli autori latini. La poesia era l’unico sollievo per la giovane Isabella ed è in questo contesto che inizia lo scambio di lettere con il barone Diego Sandoval de Castro poeta e castellano di Cosenza, marito di Antonia Caracciolo. Quando i tre fratelli della poetessa scoprirono tutto ciò uccisero il pedagogo di Isabella (che assecondava la corrispondenza con Diego) e la sorella. Scapparono in Francia e, tornati in Italia, uccisero anche Diego Sandoval per vendetta.

Oggi il castello di Valsinni è monumento nazionale ed ospita un parco letterario in onore di Isabella Morra, giovane poetessa uccisa per troppo amore.

A Rotonda ho potuto visitare la casa del Parco Nazionale del Pollino e il Museo naturalistico e paleontologico. A Palazzo Amato, infatti, la cittadina lucana ospita l’interessante museo di storia naturale e di paleontologia che vede conservati, tra i suoi reperti più preziosi, il femore di un Uro vissuto nel territorio di Rotonda circa centomila anni fa, lo scheletro quasi completo di un Elephas antiquus (l’elefante antico) e la mandibola incompleta di un Hippopotamus amphibius, scoperti nella Valle del Mercure e riconducibili all’epoca interglaciale Mindel Riss.

L’elefante fu rinvenuto durante una campagna di scavi effettuata nel 1982. Parliamo di un animale altro 4 metri e lungo 6 con delle zanne che utilizzava anche per farsi strada sul proprio cammino. Nel 2005, invece, fu ritrovato lo scheletro dell’Hippopotamus insieme a cocci dell’età del bronzo che testimoniano la presenza dell’uomo nella Valle del Mercure sin da questa epoca.

Nel centro storico di Rotonda è possibile osservare paesaggi rupestri che ci fanno pensare ad un’epoca passata. Ci sembra che Rotonda inizi con l’inizio del mondo. La cittadina lucana è anche, e soprattutto, la casa del Parco Nazionale del Pollino e del suo Ecomuseo. Entrambi si trovano all’interno del complesso monumentale di Santa Maria della Consolazione. L’Ecomuseo del Parco rappresenta tutta la storia della montagna e dell’istituzione del Parco che la tutela, valorizza e protegge. Grazie a percorsi multimediali, pannelli grafici e informativi, è possibile ricostruire tutto ciò che è il Parco Nazionale del Pollino oggi e cosa ha rappresentato fin dalla sua fondazione. Si può visitare, inoltre, il bellissimo giardino didattico e una biblioteca di settore. Questa casa del Parco del Pollino l’ho sentita mia perché è realmente il luogo di tutti quelli che amano questa meravigliosa montagna.

Un paese di 3500 anime e ben due prodotti di Denominazione di Origine Protetta. Quando sono arrivata a Rotonda mi sono accorta che questa non è solo la casa del Parco Nazionale del Pollino, ma è anche il luogo dove si possono gustare la melanzana rossa e il fagiolo bianco due prodotti di eccellenza che si fregiano del marchio DOP. Un caso decisamente unico se si pensa ai numeri del paese lucano. Ma perché piace così tanto questo fagiolo bianco? Quali sono le sue caratteristiche? Intanto ci accorgiamo di una differenza sostanziale già al tatto perché è molto liscio nel suo totale candore. La sua peculiarità maggiore è che ha un alto valore proteico. È un alimento “povero”, tipico della tradizione del Pollino lucano e molto popolare perché riesce ad essere presente in tavola per tutto l’anno. Da agosto ad ottobre si possono trovare freschi, negli altri mesi si possono apprezzare secchi. Ma come li possiamo gustare? Quando ci sediamo a tavola, a Rotonda, ci possono portare un piatto di lagane e fagioli oppure un bel piatto di minestra impastata di patate e fagioli. Qui raccontano che persino Garibaldi, di passaggio a Rotonda, rimase così ingolosito dal sapore dei fagioli bianchi che ne prese un pugno per portarli nella sua Caprera. Verità? Finzione? Non importa. Quello che resta un dato di fatto è la qualità dei fagioli bianchi.

Avete presente uno scrigno? Uno scrigno di quelli preziosi, piccoli ma con dentro tesori inestimabili. Ecco, Civita ai miei occhi è apparsa esattamente così. È un paese di poco meno di mille anime ma ricco di una bellezza come pochi all’interno del Parco del Pollino. A Civita ho imparato tanto della loro antica storia mescolata a quella degli albanesi scappati dalla madre patria nel quindicesimo secolo durante le persecuzioni turche. È anche grazie alla loro cultura e ai loro insediamenti se Civita fa parte della rete dei Borghi più belli d’Italia.

Una delle cose che caratterizzano Civita è il ponte del diavolo. Anche il nome è caratteristico: raccontano, infatti, che sia chiamato così perché il luogo in cui è costruito appariva inaccessibile all’uomo. Come sarà stato costruito? E quando? Il periodo si fa risalire al Medioevo e il luogo dove è costruito ha fatto credere che ci fosse la mano demoniaca e non umana. C’è poi chi racconta che ci fu un patto fra il diavolo e l’uomo che volle farlo edificare in cambio dell’anima del primo essere umano che vi transitasse. L’uomo ci fece passare una pecora scatenando l’ira del diavolo che cercò di distruggere quel ponte costruito da egli stesso troppo bene. Così bene che cadette nel fiume mentre il suo ponte rimase lì.

Durante la mia visita a Civita sono rimasto colpito anche dalle architetture religiose come Santa Maria Assunta o ancora dall’interessante Museo etnico arbëreshë. Impossibile poi non restare affascinati dalle Case Kodra: nel borgo si possono incontrare queste case “parlanti” che hanno il viso umano con occhi, naso e bocca chiamate così in omaggio al pittore albanese Ibrahim Kodra. Sempre guardando le case di Civita si possono notare i particolari comignoli dalle forme più varie e diversamente agghindati a seconda dell’estrazione sociale delle famiglie. L’ennesimo carattere distintivo di un luogo piccolo ma pieno di bellezze che incantano.