Tag

Civita

Browsing

Da un paio di anni a questa parte, faccio dei piccoli tour per i borghi della Calabria. E rimango esterrefatta quando scopro luoghi e culture di cui non conoscevo l’esistenza. Mi sembra di essere un Colombo che scopre nuove terre, anche se non circumnavigo il mondo. Ed è qui la meraviglia, trovare a pochi passi dalle città tradizioni che si trapassano da oltre cinquecento anni.

Mi riferisco, in questo caso, al rito delle Vallje di Frascineto, una festa arbëreshë, che si celebra ogni anno, il martedì dopo Pasqua. È uno dei momenti di più grande orgoglio per questa comunità così attaccata alle proprie radici.

Frascineto si colora con musiche folcloristiche e abiti variopinti; con canti e balli popolari dove è impossibile restare fermi solo a guardare.

Questo rito è nato per ricordare la vittoria di Skanderbeg contro gli invasori turchi e per decantare i valori che la comunità arbëreshë ha appreso da questa impresa: la libertà; mantenere l’impegno della promessa fatta e l’amicizia nel rispettarla. Donne e uomini vestiti con gli abiti del tempo iniziano una danza, tenendosi per mano quasi a formare una muraglia che si muove a serpente sino ad arrivare alla piazza principale mentre vengono cantate composizioni epiche in lingua albanese.

Successivamente, venni poi a sapere che quei balli e quei canti contenevano il racconto dei culti greci come il mito di Arianna nel labirinto di Minosse; i valori fondamentali della cultura arbëreshë, soprattutto l’importanza della parola data che va mantenuta anche dopo la morte. In un canto il protagonista è Costantino il Grande, che risorge pur di mantenere la promessa fatta alla madre di riportare la sorella a casa.

Ma la cosa più particolare sono i “tintori”. Sono uomini vestiti di nero che si immergono nella folla e, con la fuliggine, dipingono il viso di coloro che ritengono essere i “nemici latini”. Chi viene dipinto deve espiare la colpa offrendo da bere. È capitato a me ed ai miei amici ed è stato molto divertente.

Avete presente uno scrigno? Uno scrigno di quelli preziosi, piccoli ma con dentro tesori inestimabili. Ecco, Civita ai miei occhi è apparsa esattamente così. È un paese di poco meno di mille anime ma ricco di una bellezza come pochi all’interno del Parco del Pollino. A Civita ho imparato tanto della loro antica storia mescolata a quella degli albanesi scappati dalla madre patria nel quindicesimo secolo durante le persecuzioni turche. È anche grazie alla loro cultura e ai loro insediamenti se Civita fa parte della rete dei Borghi più belli d’Italia.

Una delle cose che caratterizzano Civita è il ponte del diavolo. Anche il nome è caratteristico: raccontano, infatti, che sia chiamato così perché il luogo in cui è costruito appariva inaccessibile all’uomo. Come sarà stato costruito? E quando? Il periodo si fa risalire al Medioevo e il luogo dove è costruito ha fatto credere che ci fosse la mano demoniaca e non umana. C’è poi chi racconta che ci fu un patto fra il diavolo e l’uomo che volle farlo edificare in cambio dell’anima del primo essere umano che vi transitasse. L’uomo ci fece passare una pecora scatenando l’ira del diavolo che cercò di distruggere quel ponte costruito da egli stesso troppo bene. Così bene che cadette nel fiume mentre il suo ponte rimase lì.

Durante la mia visita a Civita sono rimasto colpito anche dalle architetture religiose come Santa Maria Assunta o ancora dall’interessante Museo etnico arbëreshë. Impossibile poi non restare affascinati dalle Case Kodra: nel borgo si possono incontrare queste case “parlanti” che hanno il viso umano con occhi, naso e bocca chiamate così in omaggio al pittore albanese Ibrahim Kodra. Sempre guardando le case di Civita si possono notare i particolari comignoli dalle forme più varie e diversamente agghindati a seconda dell’estrazione sociale delle famiglie. L’ennesimo carattere distintivo di un luogo piccolo ma pieno di bellezze che incantano.