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Ore 17:33

Tu che scavi, scavi, scavi..
E dopo aver creato il buco lo colmi di ebbrezza, miseria e squallore.
La personificazione del luogo che diventa compagno. L’incessante desiderio di fuggire, l’amarezza della lontananza, l’ansiogeno ritorno e ancora la constatazione dell’involuzione che delude e, al contempo, placa.
Il rinnovamento agognato per anni, ti ha reso quasi aristocratico.
Ben abbigliato, pulito e pettinato; te ne rimani lì a fissarci tutti. Increduli e invidiosi critichiamo la tua parvenza. Ma cosa possiamo fare se pochi anni addietro eri luogo di stolti e puttane.
Fetido, sporco e denigrato. Ma i figli tuoi son cresciuti sgomitando, cercando di lavare via l’odore.
Si può cancellare l’odore di un padre?
Perché, sì, i diversi continuano a rimanere tali pur confondendosi nel mondo e associandosi a chi non li riconosce per omologarli alla società dell’OVVIO.
L’andirivieni quotidiano ha il fine di ricongiungerci.
Allo STOP: fermi tutti! Questa è terra santa!
Benedetti da un Dio che ci ha plasmati più forti e caparbi.
Meritevoli di esserne usciti indenni e colti.
Colpevoli di non averti apprezzato abbastanza e nel giusto tempo.
Ostinati nel rimediare.
Il vicolo incanala la corrente come a volerci spazzar via. E se piove sale al naso la terra. Un acre effluvio di vicende passate e sepolte. Dove il vecchio redarguisce il giovane pur non essendo uno stinco di santo.
La regola della sopravvivenza salva la vita nell’omertà del “non detto”. Mentre “il detto” è cronaca rosa spifferata dalla loggia dirimpetto con fare eloquente misto a diffidenza verso la discrezione dell’interlocutore. L’arte della strada mescolata alla retorica.
Una filosofia folcloristica che porta il tuo nome: U QUARTÌ.