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Alle pendici della pre-Sila catanzarese dove all’orizzonte si staglia l’azzurro del mare Jonio, in un territorio ricco di piante endemiche, spesso rare, l’acqua si elegge a elemento determinante solcando i terreni, lacerando la roccia, scorrendo impetuosa dando così luogo a scenari mozzafiato dall’esclusiva bellezza, come quello della leggendaria Cascata dell’Inferno. Sono già stata in questi luoghi a visitare le Cascate della Rupe e del Campanaro e quando Carmine Lupia mi ha parlato della Cascata dell’Inferno non ho saputo resistere alla curiosità di vederla. Carmine Lupia esperto botanico, ricercatore scientifico, guida ma soprattutto uomo del territorio è l’accompagnatore ideale; sono ormai diverse le volte che trascorriamo una giornata insieme ad esplorare questi luoghi, e devo dire che in ogni incontro non posso fare a meno di percepire nel suo sguardo l’amore che ha per queste terre che, grazie al suo lavoro e a quello di altri ragazzi di Sersale, stanno vivendo un nuovo futuro occupazionale ed economico. Prima di avviarci facciamo una piccola tappa al “Vullu du diavulu” dove la gente del luogo, in estate, viene a rinfrescarsi nelle vasche di granito, qui la vegetazione è veramente ricca e rigogliosa. Tra le rarità più importanti c’è la felce Osmunda regalis che può arrivare anche a 4 metri di altezza. Quindi proseguiamo alla volta della Cascata dell’Inferno, ubicata sul fiume Campanaro, tra i comuni di Zagarise e Sersale, una delle più belle e suggestive del comprensorio. Il sole è già alto, intorno a noi danno il benvenuto filari di piccoli ulivi che poi lasceranno il passo ai lecci; il sentiero è particolarmente scosceso ma, per mia fortuna, sapienti mani hanno saputo scolpire il terreno e realizzare dei gradini che rendono più facile anche il pendio più irto. Lungo il percorso Carmine mi svela la presenza del rarissimo platano orientale, di un suggestivo boschetto di alloro e poi, la scoperta di cui è più fiero: la felcetta lanosa (Cheilanthes marantae). Man mano che scendiamo il silenzio del bosco viene rotto dallo scrosciare delle acque, di colpo l’aria prima irrespirabile per il caldo, diventa fresca e frizzante; disceso un salto del torrente davanti a noi imperiosa si staglia la Cascata dell’Inferno, incastonata in una gola di spettacolare bellezza. L’acqua scende, impetuosa, da 27 metri di altezza e come una spada fende la roccia nera. Difficile resistere alla tentazione di tuffarsi in queste acque limpide, la bellezza del luogo non si accorda certo con il suo nome dovuto, come mi racconta Carmine, alla credenza che l’acqua con la sua forza raggiunga le viscere della terra fino ad arrivare all’inferno. Per quello che posso dire, dopo la fatica fatta e visto il meraviglio scenario, questo luogo mi sembra invece il paradiso, ma questa, mi dice Carmine, è tutta un’altra cascata che al più presto visiteremo.