Federico Secondo “Stupor mundi”: meraviglia del mondo. Così lo chiamano i contemporanei. Per la sua versatilità, la sua poliedricità, il suo interesse per le arti e le attività umane più diverse. Per la sua grandezza e magnificenza in ogni operato che lo contraddistingue. Parliamo di Federico II di Svevia, figlio di Enrico VI e di Costanza d’Altavilla. Nato a Jesi il 26 dicembre 1194 e morto a Fiorentino di Puglia il 13 dicembre 1250, appartenente alla nobile famiglia sveva degli Hohenstaufen, è re di Sicilia, re di Gerusalemme, imperatore dei Romani, re d’Italia e re di Germania. Re di Sicilia lo diviene a soli quattro anni, mentre il 22 novembre 1220 Federico viene incoronato imperatore del Sacro Romano Impero in San Pietro a Roma. Lo rimane fino al 1250, anno della morte, causata da un’infezione intestinale (anche se alcuni cronisti anti-imperiali danno adito alla voce, storicamente infondata, secondo cui l’imperatore è ucciso da Manfredi, il figlio illegittimo che, in effetti, gli succede in Sicilia). Il suo spessore storico, la lungimiranza, volta ad unificare terre e popoli, la costante attività legislativa e di innovazione tecnologica e culturale, il suo esse- re un finissimo politico oltre che un grande statista, hanno contribuito a mitizzarne da sempre la figura rendendolo un vero e proprio architetto di un nuovo mondo. Il tutto unito ad un eclettismo intellettuale che lo porta ad approfondire la filosofia, l’astrologia, la matematica (ebbe corrispondenza e fu in amicizia con il matematico pisano Leonardo Fibonacci, scopritore della famosa successione numerica che porta il suo nome che gli dedicò il suo Liber quadratorum), l’algebra, la medicina e le scienze naturali. Scrisse anche un libro, un manuale sull’arte della falconeria, il De arte venandi cum avibus (L’arte della caccia con gli uccelli), di cui molte copie illustrate nel XIII e XIV secolo ancora sopravvivono. Sempre attento, nei suoi studi, al principio dell’osservazione diretta e dell’esperienza, Federico opera ed agisce con assoluto spirito di indipendenza rispetto alla trattatistica precedente. Questo rappresenta un fondamentale passo verso la scienza “moderna”. Cultore delle lettere, dà vita, nella corte palermitana, alla Scuola Siciliana, antesignana del Dolce Stil Novo, promotrice del volgare siciliano (ingentilito da sfumature provenzali), che tanta parte ha nella nascita e creazione della nostra lingua nazionale. Fra i poeti della scuola si segnala Pier delle Vigne, consigliere dell’imperatore, che così si presenta a Dante nel cerchio dei suicidi: “Io son colui che tenni ambo le chiavi/ del cor di Federigo, e che le volsi,/ serrando e dissertando, sì soavi/che dal secreto suo quasi ogn’uom tolsi:/fede portai al glorïoso offizio,/ tanto ch’i’ ne perde’ li sonni e’ polsi.” (Inferno, XIII, vv. 58 – 63). Anche in altri luoghi della Divina Commedia, Dante menziona Federico, rilevando la grandezza e la potenza del terzo e ultimo imperatore svevo, come scrive nel Paradiso: “Quest’è la luce della gran Costanza/che del secondo vento di Soave/generò il terzo e l’ultima possanza” (Paradiso, III, vv. 118 – 120). Tra storia e leggenda, mito e realtà, Federico Secondo ha segnato un’epoca e soprattutto una nuova via del pensiero, aprendolo alla ricerca e all’amore per la conoscenza. Ovunque sia passato ha lasciato delle tracce di sé. Lui che, seppur di sangue tedesco, ha considerato per tutta la vita l’Italia la sua vera patria. Lo legavano ad essa il clima mite, il calore della gente, le abitudini della vita, non ultimi i ricordi della prima gioventù trascorsa in un ambiente conflittuale ma ricco di stimoli a Palermo, che definì in seguito “pupilla oculorum nostrorum”. Particolarmente legato alla Puglia, elegge a Foggia la propria residenza ufficiale, il Palatium: da questo amore gli viene attribuito l’appellativo “puer Apuliae” (fanciullo di Puglia). La corte itinerante di Federico esprime ancor oggi il fascino della sua cultura, aperta e tollerante, spiritualissima e gioviale: uno spirito inconfondibile che si avverte soprattutto nei castelli, nella magioni, nelle fortezze, nelle cattedrali costruite o riadattate da Federico II per mille finalità: dalla meditazione alla caccia, della riunioni di governo alle dissertazioni scientifiche, ai banchetti…
Un itinerario tra i suoi castelli rappresenta quindi un viaggio tra i più straordinari nell’Italia meridionale portando a conoscere la reale unità di uno stato, quello costruito dai Normanni e solidificato dagli Svevi. Tra i paesaggi mirabili delle fortezze federiciane, dense di mistero, ben si respira l’ingegno universale, la sintesi, la singolarità, ma anche l’imperscrutabile e l’enigmatico della sua personalità… Ben si coglie il suo potere e la sua passione per la vita mentre così lo immaginiamo: un giovane altero, occhi azzurri e capelli biondi, finemente vestito, con un falcone sul braccio, attorniato da fedeli servitori. Ma ecco che si volge e sulle spalle scorgiamo il vessillo imperiale: un’aquila in campo d’oro…