La Calabria terra antichissima formata da coste e montagne che sovente si stagliano dalle spiagge del Tirreno e dello Jonio verso cieli azzurri e limpidi , a volte con verticalità notevoli da suscitare il rispetto e fascino da parte di moderni “montanari” che spesso programmano di, con piedi leggeri, sfiorare le antichissime, e imponenti strutture che la natura ha regalato alla nostra amata Regione.
Già gli Ausoni, Itali, Enotri, Morgeti, successivamente Greci, Bruzi , Romani, Bizantini, Longobardi, Arabi, Normanni, e altri ancora si sono addentrati e a volte,occupando e difendendo ,tenacemente e stabilmente, alcune porzioni delle montagne calabre, elevandole, nei processi evolutivi delle loro culture e religioni, quasi sempre, a luoghi dello spirito, della contemplazione,della preghiera. L’itinerario proposto, attraverso le pagine di questa rivista, vuole, sommessamente , rappresentare il tentativo di riscoperta di luoghi della montagna calabrese idealmente ancora capaci di suggestionare i moderni viandanti attraverso emozioni legate alla spiritualità universale che i territori montani da sempre riescono a trasmettere a chi si avvicina con devozione , rispetto, interesse e senso dell’avventura.
Siamo nel Parco Nazionale del Pollino, precisamente nel settore Sud-Est del Massiccio, accesso dal comune di Civita, sviluppo dell’itinerario nei territori dei comuni di: Frascineto, Castrovillari, dove le Montagne degli Appennini incontrano idealmente il mare Jonio, non prima di regalarci, verso sud est, uno scorcio di vette dolomitiche (Le Timpe) sovrastanti l’antichissima e fertilissima pianura di Sibari. Abbandonate le auto nei pressi della sterrata che conduce nel primo tratto verso il Piano di Ratto – fontana del Principe, siamo in cammino in discreta salita per poi svoltare decisamente a sinistra al primo incrocio, verso la pista controllata e sbarrata di Colle della Scala 1290m, dall’Ente Parco del Pollino per motivi di tutela della biodiversità. Inizia così la vera “cavalcata” che conduce verso luoghi meravigliosi, rivelando lentamente i grandi valori naturalistici di questo lembo di Appennini, mentre grossi rapaci( Aquile e grifoni) volteggiano nel tentativo di cogliere la termica giusta per prendere quota, escursione questa molto remunerativa. Cuscinetti di ginepro, fioriture di orchidee, ranuncoli, gladioli, eufrasie, genziane, piccoli animali : orbettini velocissimi ,ramarri coloratissimi , grossi ragni salticidi, impreziosiscono con variopinte sfumature le aspre rocce calcaree, modellate dalle forze naturali vestigia di più antiche forme di erosioni provocate dai ghiacci del Wurm: ultima era glaciale (120.000/20.000 a . C.) che ha caratterizzato e modellato i fianchi del monte Manfriana primo colosso di rocce carbonatiche che si innalza a sfiorare i 2000m(1981m) . L’itinerario si svolge in discreta pendenza seguendo la rotta che conduce alle creste sommitali della cuspide tondeggiante di M. Moschereto 1318 svelando un grandioso panorama di quota: la Manfriana fa da cornice allo sfondo della montagna più alta della Calabria Serra Dolcedorme 2271m e poi a nord-est Serra delle Ciavole 2127m , Serra di Crispo 2053; in basso a lambire la cresta da sud.est a nord –est la foresta della Fagosa, lussureggiante polmone naturale del Pollino che colora di verde intenso a perdita d’occhio i fianchi delle stesse montagne . A sud –est e nord – est lo spettacolo geologico delle Timpe: La Falconara, La San Lorenzo, la Porace – Cassano, e poi giù nel vortice della gola di Barile, dove sembra che le prue di titaniche navi di roccia si sfiorino, separate solo dalle acque turbolenti e veloci del torrente Raganello che ha trovato spazio nell’antica faglia formatasi durante la formazione di queste stupende montagne. L’aria diventa frizzante e fresca, la quota e i panorami rubano la mente ai pensieri affannosi del quotidiano, finalmente i ritmi naturali che sono sopiti nel vivere moderno trovano sfogo di fronte alle meraviglie, che gli occhi riescono a sfiorare abbagliati da tanta bellezza , e si, la mente,l’anima i pensieri più dolci sono rapiti da sensazioni e emozioni uniche che i montanari conoscono, apprezzano, pur nella fatica dei passi ora più lenti e attenti alle normali difficoltà che la montagna presenta. I discorsi si spostano sulla contemplazione di luoghi, i discorsi si fanno accesi più vivi, solo per suggerire le angolature di paesaggi mozzafiato e poi….. tante fotografie, i rumori di scatti si affollano nel vano tentativo di immortalare ,un sogno, un momento indelebile del percorso di ognuno di noi ma la fotografia più bella e quella che ti porterai sempre nella testa che solo il tempo vissuto potrà evocare successivamente nei momenti di umana debolezza. Siamo nei pressi di passo del Principe poco sopra i 1700m e poi brevi saliscendi per Timpa la Verna, successivamente a passo di Marcellino Serra. La mente e gli occhi vengono ancora catturati dalle vestigia di archeologia industriale per ricordarci la fortuna che oggi ha il moderno montanaro, non molto tempo addietro questi luoghi furono scenario di duro lavoro e sacrifici caratterizzando un momento storico importante delle montagne calabresi: il taglio a volte indiscriminato delle foreste calabre è stato il prezzo forzato che i nostri nonni e padri hanno pagato, per molti di loro è stato l’unico modo essere allontanati dalla propria terra dagli affetti, la montagna sfruttata da altri fu fonte di misero sostentamento per le famiglie calabresi. Personalmente definisco questi: “luoghi della memoria”, i pezzi di funi di acciaio e le palizzate in legno che sostenevano le grandi ruote delle teleferiche sembrano stridere con l’incanto della montagna, ma a modo mio invece sono lì anche per farci riflettere sulle mutate condizioni sociali e sulle responsabilità e rispetto che ognuno di noi ha nei confronti di questi momenti storici. Il sentiero in cresta si fa più ripido le gambe spingono in alto con pò di fatica, imponenti monoliti carsici si fanno accarezzare lungo le strettoie scavate nella roccia, gli occhi si soffermano ad ammirare i primi esemplari di vetusti loricati, si percepisce l’eccitazione di qualcuno che ancora non aveva avuto modo di osservarli: bellissimi, imponenti, meravigliosi,sono l’esclamazioni soddisfatte che si odono fra le nuvole che intanto sfiorano il cielo azzurro delle vette. Poco più di un ora siamo in vetta alla Manfriana senza non aver osservato sulla cresta sommitale specie endemiche e non, di flora incastonata fra le rocce, di questa lunga collana di diamanti. Superata la vetta orientale siamo saliti a quella occidentale per osservare i massi squadrati di roccia dolomitica, ancora oggetti di studi e di rivelazioni, che ricordano antichi e possibili riti propiziatori, di: un tempio? “Probabili Dolmen?” O altro……, sarà la ricerca, si spera, a svelare questo intrigante mistero d’alta quota. Adesso il percorso si snoda fra le rocce lisce e a volte taglienti della cresta occidentale che degrada a Passo del Vascello e poi decisamente risale, fra esemplari maestosi di pino loricato verso i tappeti sommitali “ dell’Everest” della Calabria, Serra Dolcedorme. Nella radura erbosa fra le graminacee di quota, imponenti, appaiono antichissime rocce. Il Dolcedorme da questa prospettiva svela l’altro aspetto del suo toponimo, si presenta aspro e solenne, terreno sicuro di imprese alpinistiche passate e future, severe e impegnative, che sfiorano la mia mente, più volte mi sono cimentato con queste rocce da solo e in buona compagnia soprattutto in inverno quando la montagna esprime il carattere più severo e impone sempre cautela e rispetto. La mia mente per un attimo torna alle fatiche delle ascensioni invernali e mi emoziono. La lunga cresta lascia tempo e spazio alle visioni magiche e intriganti che colpisce tutti. Poi con passo lento e sicuro le ultime rocce sommitali, spesso, attraversate da fulmini che lasciano profondi solchi sul terreno come se fossero antiche ferite da curare. La soddisfazione è tanta gli abbracci e le strette di mano i sorrisi e la gioia esplodono all’unisono, regalo meritato per il traguardo della vetta, ma non fine a se stesso, ma risultato comune di grandi riscoperte delle montagne di Calabria. Contenitori di valori inestimabili di natura, cultura e umanità ritrovata che abbiamo l’obbligo di conservare intatte per le future generazioni, con la speranza che anche loro ripongano i loro sogni negli zaini per passeggiare fra queste meravigliose nuvole.