L’antica arte dei “Seggiari” nel paese di Serrastretta

La sedia, forse l’oggetto con cui trascorriamo la maggior parte del nostro tempo, che sia uno sgabello o una poltroncina, antica o moderna, metallica o di legno, austera o trasgressiva, classica o tecnologica essa incide tanto sulla qualità della nostra vita, al punto che spesso osserviamo persone che si affezionano alla propria sedia tanto da non poterne fare a meno. Nata per soddisfare semplicemente un’esigenza pratica cioè il sedersi, si è invece evoluta sia esteticamente che funzionalmente, assumendo forme inconsuete e spesso personalizzate al punto che Mario Praz la definì “calco del corpo umano e del suo spirito”. La sedia, in fin dei conti, è nei suoi componenti una metafora del corpo umano: schienale, braccioli, gambe. Spesso considerata un oggetto solo funzionale è invece l’espressione del tempo, dello stato sociale e culturale in fin dei conti la testimonianza di un modo di vivere al punto che Le Corbusier la definì “la macchina per sedersi” forse intuendo in anticipo la notevole quantità di tempo che si trascorre seduti nella società odierna.
La sedia è un oggetto in grado di esprimere calore o distacco, di essere borghese o contadina; alcune, molto curate e arricchite nel design e nei materiali, sono il risultato di particolari capacità artigianali altre invece sono realizzate solo per soddisfare un bisogno funzionale. Ognuna di esse tuttavia ci dà la possibilità di avere uno spaccato della vita quotidiana in ogni tempo e ci permette di immaginare abitudini, gusti estetici e mode del momento perché la sedia, in fondo, è una testimone silenziosa che ci accompagna da quando esiste l’uomo.
A prescindere dalle varie evoluzioni stilistiche e di pensiero, dai materiali utilizzati e dal passare del tempo la sedia rimane un oggetto di cui non possiamo fare a meno e che necessita per la sua costruzione, oggi come nel passato, di capacità, professionalità e soprattutto esperienza.
In Italia quando si parla di sedie di esperienza e tradizione antica non si può prescindere dal parlare di Serrastretta nella provincia di Catanzaro, un paese posto alle pendici della Sila dove la tradizione della produzione delle sedie inizia alla fine del 1800 e più precisamente nel 1882, quando i due fratelli Luigi e Gregorio Nicotera furono premiati con la medaglia d’argento al Concorso Agrario Regionale di Cosenza.
Ciò che favorì la produzione di sedie è ricercabile oltre che nella laboriosità di queste genti, soprattutto nel contesto ambientale ricco di legname di qualità. Infatti Serrastretta è circondata ancora oggi da fitti boschi di castagno e faggi e proprio in questi boschi nel passato cominciava il ciclo produttivo. Da fine autunno fino al mese di febbraio si abbattevano gli alberi che poi sarebbero serviti per realizzare le sedie.
Le sedie erano il prodotto di una vera e propria azienda familiare dove l’uomo e la donna concorrevano, secondo le proprie peculiarità, alla loro realizzazione.
Il legname dopo essere stato tagliato e ridotto in ceppi veniva poi trasportato nella bottega dove il maestro seggiaro seduto a cavallo sul vancu e con l’uso di pochi utensili, realizzava lo scheletro della sedia, dopodiché, realizzato l’assemblaggio, le donne procedevano alla mbudatura cioè l’impagliatura, utilizzando le foglie di una canna che cresce in ambienti palustri detta vuda. L’impagliatura poteva essere di due tipi: a simpia (caratterizzata da una forma più anatomica) e ‘ntrecciata. Infine la sedia veniva rifinita e lucidata.
Dal 1880 a oggi molto tempo è passato e gli artigiani di Serrastretta non solo hanno tramandato l’antica arte del costruire le sedie, ma anzi ne hanno fatto una realtà imprenditoriale dalle dimensioni internazionali riuscendo a far apprezzare le loro sedie non solo nel resto dell’Italia, ma perfino oltre i confini nazionali. Tutto ciò grazie alla passione ed all’intelligenza dei vari produttori di sedie che hanno saputo coniugare la tradizione alla modernità.

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