Il vino ha origine dalla parola sanscrita “vena” formata dalla radice ven (amare), la stessa delle parole Venus, Venere. Il vino è dunque, da sempre, strettamente legato all’amore ed alla gioia di vivere poiché bevanda capace di rilassare il corpo, inebriare i sensi, liberare l’istintività dell’uomo, facilitare lo scambio con l’altro, ma anche mettere in contatto l’uomo con il soprannaturale. In Calabria il vino esisteva già quando i Greci, nell’ottavo secolo a.C. si stabilirono sulle sue coste, e la chiamarono Enotria “terra dove si coltiva la vite alta dalla terra”. Essi fecero arrivare i loro vitigni e le tecniche di vinificazione, ma soprattutto portarono una novità nella coltura: la vite coltivata ad alberello che consente alle foglie di proteggere i grappoli ed al terreno di raffreddarsi. Nelle città della Magna Grecia il vino era considerato una bevanda sacra: il “nettare degli dei”. Il vino calabrese fu apprezzato anche dai Romani con i quali il consumo di questa bevanda si allargò a tutte le classi sociali. In Calabria venivano segnalati alcuni vini molto pregiati: l’amineo prodotto nella piana di Sibari, il thurino tipico della Valle del Crati e del Coscile, il lagaritano proveniente dal territorio dell’odierno Capo Spulico, il reghinon prodotto nelle terre dell’attuale Reggio Calabria. E si parla anche dei vini di Cosenza e di quelli prodotti a Santa Severina. Diodoro Siculo narra che a Sibari il vino arrivava a mare attraverso una fitta rete di canali e di passaggi sotterranei a testimoniare l’importante quantità di vino disponibile. Plinio ha parole di lode per i vini di Calabria e racconta come il vino lagaritano fosse stato addirittura capace di guarire il proconsole d’Asia. Ateneo, nei suoi scritti, ricorda per la loro bontà sia i vini di Sibari che quelli di Reggio. Attualmente la Calabria vanta decine di vitigni autoctoni, già riconosciuti, che i produttori più sensibili stanno rivalutando. I vini rossi, ottenuti nella grande maggioranza dai vitigni autoctoni quali gaglioppo, nerello, magliocco e greco nero dominano il panorama vinicolo calabrese. I vini bianchi, invece, si ottengono in prevalenza da altri vitigni autoctoni: il greco bianco ed il montonico. L’area del Cirò è certamente una delle più importanti; questo è il vino che, per fama e numero di bottiglie, rappresenta la denominazione d’origine controllata più importante della Calabria, vero protagonista dell’enologia regionale. Sul totale delle D.O.C. ben tre sono in provincia di Crotone (Cirò, Melissa, Sant’Anna Isola di Capo Rizzuto), in una zona che da sola vale in ettolitri l’80 % dell’intera produzione calabrese. Anticamente chiamata Krimissa, questa terra dava i natali ad un vino che il mondo classico aveva pensato bene di riservare ai vincitori delle Olimpiadi. Forte di queste tradizioni millenarie, ma anche attenta ai progressi segnati nell’enologia moderna negli ultimi anni la nostra regione sta facendo grandi passi, tanto da poter oggi esprimere produzioni eccellenti in grado di competere con le altre produzioni italiane di qualità. Il vino è sicuramente una risorsa ricca di valori radicati nella storia della Calabria e la viticoltura può rappresentare oggi un importante elemento di sintesi tra la dimensione imprenditoriale e quella culturale.